QUELLO CHE ABBIAMO DI PIÙ CARO

Quid, animo satis?

Brano di Nicolino Pompei tratto dall’approfondimento “Signore, da chi andremo? Solo tu hai parole di vita eterna”

Questo primo tratto del nostro percorso possiamo esemplificarlo con le struggenti parole del Miguel Mañara di Milosz: “Ho trascinato l’amore nel piacere, e nel fango, e nella morte… Mangio l’erba amara dello scoglio della noia. Ho servito Venere con rabbia, poi con malizia e disgusto… Certo, nella mia giovinezza, ho cercato anch’io, proprio come voi, la miserevole gioia, l’inquieta straniera che vi dona la sua vita e non vi dice il suo nome. Ma in me nacque presto il desiderio di inseguire ciò che voi non conoscerete mai: l’amore immenso, tenebroso e dolce… Ah! Come colmarlo, questo abisso della vita? Che fare? Perché il desiderio è sempre lì, più forte, più folle che mai. È come un incendio marino che avventi la sua fiamma nel più profondo del nero nulla universale!.

Questo desiderio, questo cuore arso da un desiderio infinito, si mostra sempre in tutta la sua irriducibilità, in tutta la sua drammatica indomabilità, inarrestabilità. E allora, “Quid animo satis?”, chi, che cosa può soddisfare questo cuore? Chi, che cosa può bastare al cuore? Tutti i nostri più ostinati tentativi di soddisfarlo, di colmarlo oppure di ridurlo, di fuggirlo, di attutirlo non solo non sono capaci di tacitarlo, ma sorprendentemente è come se lo facessero emergere ancor di più in tutta la sua indomabilità, in tutta la sua irriducibilità. “Ah, come colmarlo questo abisso della vita”, questo abisso che è il cuore?... “Quid animo satis?”.

Molte volte questo cuore vorremmo azzittirlo, strapparcelo di dosso per quanto sentiamo la sproporzione vertiginosa della sua natura e l’incapacità di poterlo corrispondere; per quanto lo sentiamo rinfacciarci la sua insoddisfazione rispetto a tutto quello con cui abbiamo avuto e abbiamo la pretesa di soddisfarlo; per quanto, nel tempo, continuiamo a verificare che niente gli basta e tutto prima o dopo lo delude. Questo tempo di pandemia ci ha costretto a confrontarci con questa drammatica esperienza umana, ha fatto emergere questa realtà in tutta la sua drammatica evidenza e imprescindibilità.

E la consapevolezza della sproporzione, dell’inconsistenza e dell’incapacità dei nostri tentativi, il convincimento dell’impossibilità che ci sia qualcuno capace di abbracciare, compiere, salvare la nostra umanità con questo cuore irriducibile, con questo desiderio irrefrenabile, con questo bisogno imprescindibile, ci può portare ad aver paura, a sentire il fastidio o il peso di questa nostra umanità. Anche qui, basta stare all’esperienza dei nostri bisogni elementari: quando si ha paura, si sente il fastidio o il peso della fame? Quando non si ha il cibo, quando non si è nell’avvenimento di un cibo presente e corrispondente a quella fame. E non basta soddisfare quella fame con qualsiasi “cosa”, ma solo con un cibo che la soddisfi veramente, pienamente, adeguatamente secondo la sua struttura originale.

In noi ci sono sempre sintomi e fattori che rendono evidente questa realtà. Ma non basta una semplice constatazione o un’analisi astratta per riuscire a superare questa paura, questo fastidio, questo peso rispetto all’esigenza più profonda e vertiginosa della nostra umanità. Queste condizioni che ci ritroviamo addosso, lasciate alla mercé di astratte e disumane constatazioni ed analisi, invece di essere un sostanziale e decisivo richiamo alla nostra originale e strutturale natura umana, possono solo ulteriormente acuirsi e predominare in noi come peso, fastidio, paura, angoscia, a tal punto da poter arrivare a desiderare di azzittire o di strapparci di dosso in qualsiasi modo - anche con gesti estremi e violenti - questa nostra umanità. Ma sono tutti drammatici tentativi votati sempre al fallimento: possiamo anche coprire, tacitare, evadere per un po’ il nostro cuore, ma prima o dopo riemerge ancora più prorompente in tutta la sua attesa e pretesa, in tutto il suo grido indomabile e pretenzioso.

E allora? Cosa fare? Occorre semplicemente incontrarla e prenderla sempre sul serio questa nostra umanità. Occorre semplicemente aiutarsi a prendere sul serio e continuamente la nostra umanità con questo cuore, con questo desiderio infinito; assecondarla semplicemente in tutto il suo grido, la sua mancanza, la sua attesa, la sua inquietudine infinita. Occorre semplicemente lasciarla emergere in tutta la sua portata originale e riconoscerla come una alleata che ci provoca, ci costringe, ci chiede semplicemente di essere aperti, spalancati, attenti, disponibili a vedere, a saper riconoscere se c’è “qualcuno” che possa abbracciarla e corrispondere in tutta la sua attesa, il suo grido, il suo bisogno, il suo desiderio.

Quante volte abbiamo ripreso l’affermazione di Pavese: “Forse qualcuno ci ha promesso qualcosa? E allora perché aspettiamo?”… Perché ci ritroviamo questa umanità con questo cuore, con questo desiderio, con questo grido, se non perché in essa è già implicato l’incontro con la presenza di Chi questo cuore lo ha creato, lo ha tessuto con questa promessa, con questo desiderio di Lui. “Ci hai fatti per te e il nostro cuore è inquieto - non ha pace e grida - finché non riposa in te”, affermava il grande sant’Agostino.

Ascoltiamo Papa Francesco in una sua omelia: “Noi siamo nati con un seme di inquietudine. Dio ha voluto così: inquietudine di trovare pienezza, inquietudine di trovare Dio, tante volte anche senza sapere che noi abbiamo questa inquietudine. Il nostro cuore è inquieto, il nostro cuore ha sete: sete dell’incontro con Dio. Lo cerca tante volte per strade sbagliate: si perde, poi torna, lo cerca… D’altra parte, Dio ha sete dell’incontro, a tal punto che ha inviato Gesù per incontrarci, per venire incontro a questa inquietudine.

Allora, capiamo bene che l’assoluta urgenza che abbiamo non è quella di moltiplicare discorsi o analisi, non è quella di un’astratta e frenetica ripetizione di contenuti di verità o di richiami etici; e non è nemmeno quella di essere più assidui nella partecipazione ad appuntamenti e gesti della nostra compagnia. La vera urgenza - quella che ci preme sempre, fin dal primo mattino di ogni santo giorno - è quella di riconoscere e fare esperienza di “Qualcuno” che realmente, concretamente sia capace di abbracciare e corrispondere a tutta la portata infinita del nostro cuore, del nostro desiderio, della nostra umanità; “Qualcuno” che sia capace di strapparci dalla paura di noi stessi, della nostra incapacità, della nostra sproporzione e inadeguatezza rispetto alla vita e all’umano; “Qualcuno” che sia capace di strapparci da un nichilismo pervasivo che attenta continuamente la nostra vita, tentando di spingerla e spegnerla nell’abisso del vuoto, del nulla, del non senso... E le “chiacchiere” stanno sempre più “a zero”.

Solo una Vita può rispondere alla vita. Solo una Carne, una Presenza di carne può rispondere alla mia vita di carne. Solo un Avvenimento vivo e presente può rispondere al desiderio incessante di una vita vera, piena, compiuta e soddisfatta; al desiderio bruciante di amare e di essere amati. Solo una Presenza viva, reale, “carnale” può rispondere al pressante bisogno di una capacità di affronto di tutta la realtà in tutta la sua quotidiana complessità, al pressante bisogno di essere abbracciati nella realtà delle nostre paure e angosce più profonde. Ed è solo una Presenza così che può vincere quella tentazione di abbandonarsi al nulla delle nostre immagini o dei nostri tentativi o al nulla che ci avvolge e ci attenta dappertutto.

Tutto il cammino che abbiamo fatto finora è decisivo per entrare in “ciò” che abbiamo messo a tema: Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna.

Colui di cui è fatto il nostro cuore, di cui il nostro desiderio è desiderio, Colui che tutta la nostra inquietudine domanda e grida continuamente, si è fatto Carne, si è fatto Uomo nella storia; si è fatto una Presenza di carne e di sangue nella storia per abbracciare, corrispondere e soddisfare tutto il nostro bisogno, tutto il nostro desiderio, tutta la nostra umanità. Per strapparci dal vuoto, dal nulla esistenziale nel quale è così facile precipitare e decadere, Dio si fa Uomo, Dio si fa compagnia di Uomo ad ogni istante dell’uomo. Per rispondere e sfamare l’infinita fame del cuore si fa Presenza di Carne e Sangue.

Nicolino Pompei

Resta in contatto

Iscriviti alla Newsletter