Questo gesto che andiamo a cominciare non è un incontro e un raduno in più. Un altro appuntamento che viene ad aggiungersi, ad accumularsi ad altri, come se fosse un palmares della nostra partecipazione alla compagnia FidesVita. Io non sono qui per farvi una meditazione o un incontro in più. Sono qui e con voi solo perché se non Lo sento più parlare io muoio. “Io penso che non potrei più vivere se non Lo sentissi più parlare”, affermava il grande teologo J. A.Möhler - affermazione così tanto diletta da uno dei nostri più cari, grandi e santi amici qual era ed è don Luigi Giussani. È stata questa la coscienza con cui avete lavorato, con cui avete vissuto ogni momento operativo per costruire e tirare su questo luogo che ci ospiterà in questi giorni? È stata questa la coscienza di chi ha scelto l’immagine, questi tendoni, questi colori, le mostre, il luogo del mangiare o dei bambini...? Perché sia stato dentro questa coscienza occorre che lo sia normalmente in chi ci ha lavorato. Se adesso potessi interrogare qualcuno dei primi tra noi sulle parole di Gesù che abbiamo messo a tema, sono sicuro che mi direbbero cose puntuali “sul lasciare, sul trovare, sul perdere...”. Ma non è un discorso che lo deve dire: è la vita. Come ci richiamiamo sempre, è la vita, l’esperienza dell’umano che si deve sentire in quelle parole di risposta, di intervento o di domanda che formano il nostro dialogo. Per questo non sarò mai stanco e domo nel richiamarvi il desiderio, il cuore e l’urgenza di riconoscerLo vivo adesso. Siamo qui per sentirLo parlare, siamo amici per sentirLo parlare e perché il suo essere presente e riconosciuto formi tutta la nostra amicizia. Tutti i gesti che poniamo e viviamo ci sono persentirLo e risentirLo parlare. La vita muore se non Lo sente parlare. Siamo qui perché diventi tutto l’Avvenimento su cui si fonda e si muove la vita, perché diventi il nostro amore, la nostra affezione e il nostro giudizio su tutto. Perché è Tutto, ètutta la verità di un uomo edella realtà in ogni suo aspetto.E ciò che stiamo iniziando è proprio un segno dell’infinita tenerezza e misericordia di Dio. Di quella infinita tenerezza, di quella infinita misericordia con cui il Mistero, Dio, il Padre buono investe e abbraccia in ogni momento la vita di ciascuno di noi. È un gesto attraverso cui Cristo ancora una volta si presenta alla soglia della nostra vita a mendicare il nostro cuore, la nostra libertà, la nostra ragione, tutto noi stessi, perché possiamo cedere al suo onnipresente e redentivo Amore, a cui ci chiama, con cui ci abbraccia e ci pervade in ogni momento. Dentro ogni momento del rapporto con la realtà segnato da persone, cose, scelte, gioie e dolori... Il Convegno senz’altro è un momento potente, una occasione privilegiata per riprenderne viva coscienza, per strapparci dalla dimenticanza e riavviarci alla memoria; un favorevole aiuto e sostegno a questa tensione di cedimento positivo e necessario che deve riguardare la vita in ogni suo istante. Non è certamente per aggiornare o assicurarci delle parole nuove e più elettrizzanti con cui evitare o semplificare il dramma della nostra responsabilità nei confronti della vita e della realtà.Vedo che avete voluto sottolineare con una grafica particolare quel “per me” [“Chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi laperderà PER ME la troverà”]. Domandiamoci immediatamente se quel“per me” è realmente tutto il rapporto domandato, cercato, amato di una giornata. Se quel “per me”è realmente il rapporto vivo in cui consiste la vita, il rapporto di consistenza senza il quale noi ci sentiamo morire. La nostra Compagnia nella Chiesa c’è come memoria di quel “per me”, come aiuto e sostegno a quel“per me”; la nostra Compagnia è tutta nel e per sentirLo parlare adesso, perché sia vivo in noi adesso, sia decisivo in noi adesso quel “per me”. Siamo qui non per riascoltare Uno che ha parlato in passato. Quelle parole sono da ascoltare ora, da Cristo realmente presente adesso: 2000 anni fa le diceva inPalestina, ora le dice nella grazia del suo Corpo vivo che è la santa Chiesa, e per noi nel dono della nostra Compagnia in essa. Quelle parole occorre risorprenderle ora, in una vita risorpresa nell’esigenza imprescindibile del cuore, nell’attesa di guadagno e di salvezza che la segnano costitutivamente. È necessario non essere mai abituati alla coscienza del nostro essere originalmente bisogno, del nostro essere costitutivamente desiderio; bisogno e desiderio non di qualcosa o di qualcuno, ma di Tutto, cioè del Tutto, della Totalità. Qui è tutta l’urgenza e la concretezza di un uomo che desidera la vita, che desidera essere un uomo intero, totale e pieno. È tutta la Premessa che non può mancare mai tra noi, pena il venir meno di tutto noi stessi e della ragione della nostra Compagnia. Accumuleremmo solo un altro discorso, magari delle parole nuove, ma che non cambiano la vita e non la rendono splendente di questa Novità. Il gesto che stiamo vivendo è ciò che adesso, come segno della Compagnia, ci rimette davantiall’Oggetto-Soggetto vivo del nostro desiderio e non a risoluzioni semplificative di fattori particolari della vita o del nostro cammino. Anche perché l’affronto e il chiarimento di questioni particolari tra noi o della vita personale, non accadano se non alla luce di Colui in cui si ritrovano veramente affrontate e chiarite dentro un’unità di sguardo e di giudizio. Quando ci ritroviamo imbrigliati dalla fatica o dalle difficoltà nel rapporto con singoli e diversi fattori della vita, da dove occorre ripartire? Se non ripartiamo sempre da ciò che viene prima, daciò che ci costituisce e ci fa uomini, che fonda e soddisfa il desiderio, dalla coscienza del Destino di ognuno, dalla coscienza della realtà in quanto rapporto con Cristo, ciò che ne consegue non è mai veramente affrontato, realmente chiarito, positivamente risolto; e anche per noi, come per tutti, il rischio è il cedimento alla presa disumana e inadeguata della nostra misura, che non fa che allargare il fosso di paure e ansie, di estraneità e incomprensioni, di presunzioni e divisioni. Dal rapporto con tua moglie e con tuo figlio, passando per il lavoro, l’educazione e l’accoglienza della vita e del bisogno che incontriamo, fin dentro a questioni organizzative... è Colui che è prima, che è prima di tutte le cose e in cui consiste la vita dentro questi fattori, che siamo chiamati a guardare sempre. E il nostro trovarci insieme è testimonianza di questa unità solo se il nostro essere e il nostro tendere è effettivamente tutto rivolto a Lui, a lasciarLo parlare al nostro cuore; a lasciarLo parlare adesso, proprio dentro questi giorni. Non si può aderire al Convegno, e ancor di più alla Compagnia, per una cosa diversa. Questa e solo questa è l’Amicizia secondo lo Spirito che ci ha fondati e voluti nella sua Chiesa. Allora l’atteggiamento del cuore sia quello che abbiamo ritrovato pregando il salmo 130: :“Non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo... sono come un bimbo in braccio a sua madre, come un bimbo in braccio alla mamma è il mio cuore...”. Sia nella posizione del mendicante sempre vigile che abbiamo ascoltato nell’antifona al Vangelo, in cui solo è possibile essere pienamente investiti dalla sua infinita iniziativa, essere presi e accesi totalmente da questa infinita tenerezza. Sia quella del povero e del mendicante, vigile in ogni momento, perché occorre domandarlo sempre e come un povero, come un mendicante quel “per me”. Occorre domandarlo sempre Colui che è il Soggetto realmente desiderato dal cuore, e domandarlo con questo cuore piccolo. Piccolo, cioè dei piccoli che sono tutti protesi allo sguardo di coloro ai quali appartengono, sempre appesi alle mosse di coloro ai quali appartengono; anche se con mille difetti e capricci, sempre ultimamente tesi e mendicanti di quello sguardo costitutivo, senza il quale si perdono e muoiono. Partecipiamo con tutto noi stessi, da protagonisti tesi alla realtà viva, all’esperienza viva delle parole che ascolteremo; partecipiamo con la vita, intensamente presenti nell’ascolto,vivi nella domanda e nel dialogo, sempre memori che di mezzo c’è il centuplo della vita non uno sforzo titanico per raggiungere una immagine di noi stessi secondo Fides Vita. Non possiamo più stare qui o aderire alla vita della Compagnia come se occupassimo un posto, partecipando ad una quantità di riunioni o indicazioni che si accumulano nel nostro tempo senza che la vita risulti secondo lo splendore della verità, secondo il desiderio e il cuore incontrato e soddisfatto dall’Infinito, secondo il frutto di chi è realmente attaccato alla vite. Appuntate pure le parole che più vi colpiscono, ma soprattutto risorprendetele, abbiate a cuore di impararle e seguirle per l’Avvenimento che portano, per l’esperienza della Presenza che le qualifica. Perché quella Presenza incida e accenda la nostra vita, perché sia la vita stabilita dall’Infinito tra noi, rivelata da Cristo, quella che non si perde mai e si ritrova sempre e veramente: veramente umana, libera, piena, salva, continuamente tutta messa in gioco verso il Destino. Ci muovano a stabilire rapporti dalla parte dell’Avvenimento che portano; determinino i nostri rapporti perché siano Amicizia, l’Amicizia di Cristo in noi e non una sentimentale e intimistica compagnoneria di rifugio e di fuga dalla realtà, di semplificazione dalla nostra drammatica responsabilità nel rapporto con Cristo dentro il rapporto con la realtà. È proprio necessario questo richiamo; è necessario perché non può essere mai trascurato il fatto che anche in noi questo attacco di invadenza nichilista e relativista - che viene portato alla vita degli uomini fin da quando aprono gli occhi - tenta di sfondare e di afferrarci. Anche noi siamo immersi in questo clima“culturale” in cui l’Avvenimento di Cristo e della Chiesa tendono sempre più ad essere scartati come Avvenimento, come decisivi per la vita degli uomini; ad essere ridotti solo come portatori di un messaggio che, se va bene, deve essere subalterno a ciò che è stabilito dalla mentalità dominante come “valore” di riferimento, e in cui di fatto non può che emergere una vita soggiogata ai desideri e alle voglie, e “spiegata” dagli specialisti dell’umano e dagli intellettuali di turno, che ne stabiliscono “il valore e lamoralità”. In cui vediamo tragicamente dissolversi, di giorno in giorno, l’uso retto della ragione, tirata da tutte le parti come uno straccio, sottomessa ad un relativismo di stampo laicista e positivista e annullata in un nichilismo sentimentale. Se diamo per scontato Ciò che è decisivo sempre, che è decisivo ritrovare come memoria sempre, anche noi ci perdiamo dentro questo calderone di menzogna e ne risultiamo prima o poi segnati nella mentalità. È necessario essere sempre allertati e svegli nell amemoria che solo Chi risponde e corrisponde al cuore nella sua vera costituzione e momento permomento, ci urge e giustifica il nostro essere amici, rende ragione di questo cammino ecclesiale - ecclesiale perché significativo della Vita della Chiesa, della Vita che è la Chiesa. Non siamo qui ed insieme per rendere più accessibili, digeribili, più umane le parole di Gesù. Siamo qui ed insieme perché questa è la vita, questo è l’umano, questo è l’amore, questo è il respiro della vita, questo è il centuplo, questo è il desiderio e la continua soddisfazione di esso, questo è l’Avvenimento anelato dal cuore di ogni uomo, senza il quale il cuore muore, morendo la vita. Io e te non abbiamo nulla di interessante e soddisfacente in maniera decisiva da darci l’uno all’altro - come nessuno, anche il più innamorato, se non nell’apparenza del tempo di un soffio. Solo l’urgenza del cuore e l’Oggetto veramente desiderato è ciò che può farci stare insieme e uniti, ora e in ogni momento, e che solo possiamo amare e servire nell’altro, per la felicità di un altro, fino ad una vita totalmente dedita a questa testimonianza. Solo Cristo ci interessa e ci preme - per noi e quindi per ogniuomo - perché Cristo è quella presenza per cui la vita, con questo cuore e desiderio, c’è. Ed è Lui che forma la nostra comunione, unità e amicizia altrimenti inesistenti ed impossibili. Non ci ritroviamo qui insieme per parlare di Lui astrattamente, ma per sentire parlare Lui,riconoscerLo e seguirLo adesso. Per risentiredentro noi stessi, nella nostra esperienza della realtà, il desiderio che siamo, il battito del cuore per l’Infinito; l’urgenza e la convenienza della condizione che emerge dalle parole di Gesù, che abbiamo messo a tema proprio per mettere a tema la vita nella sua necessità e nella sua tensione a non perdersi e alla felicità; permettere a tema il rapporto con Lui che è la Vita e la vera possibilità di guadagno, di felicità piena. Sotto a questo, e per meno di questo, andiamocene pure.