“…Il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente, perché comprendiate a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità tra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi che crediamo…”. Sono le parole di san Paolo agli Efesini che fissano con folgorante immediatezza qual è la fondamentale pre-tesa della vita in ogni istante del suo accadimento, ciò che il nostro cuore attende come anelito originale dentro il suo battito esistenziale: la profonda conoscenza di Lui. Gesù stesso nella preghiera rivolta al Padre, riferita dal Vangelo di San Giovanni, dice: “Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato Gesù Cristo...”. Che conoscano Te come il vero ed unico Dio che è Padre, e Me come la rivelazione umana, storica, reale e piena di Te. Questo è ciò che forma tutto il desiderio dell’uomo e qui sta tutta la sua risposta esaustiva. Qui sta tutta la vita, quella vera, quella eterna. “Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente”: Gli occhi della vostra mente è come dire tutto noi stessi, investire totalmente il nostro io nella coscienza di noi stessi e della realtà. “Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente, perché comprendiate a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità tra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi che crediamo…”. Evidentemente non siamo capaci di questa illuminazione, a noi è dato solo di mendicarla e di accoglierla con un cuore spalancato ed umile. Lo Spirito Santo possa illuminare e sostenere in noi questa permanente, idonea e adeguata posizione del cuore, per l’accoglienza dell’Avvenimento presente di Colui che illumina e chiarisce la vita, che ne è la vera consistenza, in cui solo c’è il rapporto corrispondente alla sua continua soddisfazione e che solo la porta al compimento. “Per una più profonda conoscenza di Lui”: Per una più profonda conoscenza di lui non è questione di erudizione o di “studio” ma l’affermazione di una più totalizzante esperienza di Lui dentro la vita, di un più reale e radicale attaccamento di tutto noi stessi alla Presenza viva di Cristo che ci porti e ci faccia ritrovare nella profondità del suo essere in cui vi è la consistenza di tutto e di tutti. “Per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità tra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi”. Quale capacità può trovare in noi questa comprensione se non quella della domanda, della mendicanza... la “capacità” propria dei piccoli, egli umili, dei poveri; di chi sa che la vita, la sua luce, il suo bene, la sua ricchezza, la sua consistenza, il suo riscatto, il suo continuo recupero, il suo amore è proprio un altro, il Totalmente altro, di cui Cristo è la sorprendente rivelazione storica. Lo Spirito Santo sostenga e sorregga il cuore ad essere se stesso secondo la sua natura, cioè esigenza ed attesa di tutto, del Tutto. Sorregga e renda stabile il nostro cuore all’accoglienza continua di ciò che è decisivo per la vita e che forma proprio tutto il suo desiderio. Ciò di cui non siamo capaci mai, ma di cui siamo e dobbiamo essere domanda e attesa sempre. “Per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati”: quale speranza? La speranza che solo accade dalla certezza di aver riconosciuto Colui che è il senso, il significato, la forza e la salvezza di tutto; la rivelazione del destino buono della vita e che ci porta al destino dentro ad ogni istante. La speranza che accade dalla certezza della Vittoria di Cristo dentro ad ogni nostro momento mortale, dentro la nostra fragile e assolutamente caduca esistenza, così avvelenata da debolezza mortale e impregnata della nostra menzognera visione delle cose. La speranza che fiorisce dalla vita investita dalla fede in Cristo risorto e redentore. È la fede che apre alla speranza perché riconosce e porta la speranza. “Quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità tra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi”: è la vita investita dalla luce di Cristo, è lo splendido richiamo alla vita e al destino eterno di ogni uomo che si lascia afferrare dalla presenza di Cristo. Ed è ciò che richiama il senso del nostro cammino e della nostra adesione ad esso; delle nostre parole, del nostro dialogo e dei nostri reciproci rapporti, che solo per questo “tesoro di gloria” aprono all’amicizia stabilita da Cristo. Un cammino che va aderito come grazia e dono nella Chiesa proprio per fare esperienza continua della “straordinaria grandezza della sua potenza” verso ciascuno di noi. Quella straordinaria potenza che è capace di creare e ricreare sempre la vita di ogni uomo, di rialzarla, di rimetterla in piedi e in cammino dentro qualsiasi momento, condizione e situazione: si chiama Misericordia. È la potenza dell’Amore di Dio per ogni uomo, che si riversa nella vita di ogni uomo nella Presenza salvifica di Gesù. Siamo qui, siamo insieme, siamo vivi, siamo… solo per questo Amore. Questo Amore nella storia ha un nome di Uomo, la presenza di un Uomo che ci è venuto a cercare, ci ha trovato e ci ha messo insieme in un solo corpo: Gesù Cristo. Ed è proprio il suo Amore che ancora una volta ci ha convocati per chiedere a ciascuno di noi di essere accolto e corrisposto per il bene e la salvezza della nostra vita. La nostra immediata risposta allora sia la preghiera allo Spirito Santo, che invochiamo cantando con le parole del Veni Creator Spiritus...
Dicevamo che le parole che abbiamo ascoltato da san Paolo, indirizzate alla comunità di Efeso, sono state una immediata provocazione alla vera emergenza del cuore, a ciò che non può mai mancare a premessa di qualsiasi momento e gesto della vita e del nostro cammino. Dimenticare ciò che siamo, dimenticare la vera assoluta emergenza che siamo, dimenticare ciò che sta sempre a tema in qualsiasi momento del nostro cammino e dialogo, è il primo grave peccato che offende la vita e il nostro cammino. Non c’è un momento della vita della Chiesa in cui quello che siamo e l’assoluta emergenza del cuore non siano continuamente richiamati come premessa e come coscienza. Soffermiamoci a considerare il saluto che il sacerdote rivolge all’inizio della santa Messa proprio a ciascuno dei fedeli. È un saluto che porta il suo profondo significato e la sua più intima ragione in quello che etimologicamente risulta dalla parola “salutare”. Il verbo “salutare” - che indica l’espressione o il gesto con cui ci rivolgiamo ad una persona incontrandola o accomiatandoci da lei - è ultimamente legato alla stessa etimologia latina (salus - salutis) del sostantivo femminile “salute” e dell’aggettivo “salutare” = che reca giovamento alla salute. E il termine latino salus non è solo indicativo della condizione fisica, del benessere fisico, ma anche del benessere della vita come felicità, come beatitudine dell’essere. Di ciò che è realmente salutare all’umano, nel senso di ciò che è salvifico per la vita dell’uomo, di ciò che sostiene, arreca e porta la salvezza all’io di ciascuno. Ed è questo il modo con cui più volte mi sono permesso di utilizzare questo termine sia per chiarirvi il mio stesso saluto a voi, sia per affermare la Chiesa e la nostra Compagnia come il luogo “salutare” dell’io. Anche adesso mi servo di questa curiosa e medesima etimologia, confortato dal contenuto decisivo che il saluto del sacerdote porta e comunica: ciò che è assolutamente salutare per l’uomo. La Chiesa si serve di molteplici espressioni per formularlo. La più semplice è: “il Signore sia con voi”. E ciascuno con immediatezza è chiamato a rispondere: “e con il tuo spirito”. Oppure vengono usate parole che sono normalmente riprese dalle lettere di san Paolo: “la grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di dio Padre e la comunione dello Spirito Santo… la grazia e la pace di Dio nostro Padre e del Signore nostro Gesù Cristo… il Signore che guida i nostri cuori nell’amore… il Dio della speranza che ci riempie di ogni gioia e pace nella fede… la pace, la carità, la fede, la misericordia di dio Padre e del Signore nostro Gesù Cristo… sia con tutti voi”. E noi rispondiamo, non per cordialità ma per verità: anche con te. Sia con me ma anche con te, che mi rivolgi questo saluto. Capite bene allora che c’è qualcosa di necessario per ognuno, anche per il sacerdote che lo rivolge. Di cui lui è solo strumento, anche per se stesso. E quali che siano le parole, tutte portano comunque “qualcosa” o per meglio dire “qualcuno” che è proprio decisivo, urgente al cuore di ogni uomo. È come se, anche qui, ci fosse il richiamo immediato - come abbiamo visto all’inizio - di tutto quello che è essenziale e di cui necessita la vita in ogni suo istante. Di tutta la risposta alla continua emergenza del cuore. L’attestarsi del fondamentale nostro vero bisogno e la risposta ad esso. Tutta l’affermazione di chi e in chi è tutto il nostro vero benessere e in cui solo un uomo può dirsi veramente in “salute”. E il fatto che si ripeta più volte - non solo nella santa Messa ma anche in altri momenti della liturgia della Chiesa - richiama e afferma, con adeguata immediatezza ed essenzialità, ciò di cui necessariamente la vita abbisogna, che solo corrisponde al suo assoluto desiderio e in cui trova la sua originale linfa vitale. Ripetuto più volte perché nessuno abbia mai a dimenticare ciò che è, ciò che vale, ciò che è necessario e che solo risponde e corrisponde alla vita nella sua attesa e domanda. Pur nella diversità delle formulazioni, tutte comunque affermano un solo avvenimento originale, costitutivo e per questo decisivo: il Signore iddio Padre, Figlio e Spirito Santo, sia con te. Colui che è la Vita e dà la vita ad ogni essere, sia con te. Il suo amore, la sua grazia, la sua misericordia... sia con te. Sia accolto e ospitato dal tuo cuore chiamato ad attenderlo, spalancato e desideroso. Sia la tua continua domanda e la tua ragion d’essere. La tua vita sia in una continua disposizione ad accogliere la sua grazia, la sua Volontà salvifica e il suo disegno buono. Sia la tua corrispondenza nella responsabilità di ogni momento e situazione. Il Signore sia con te… è già e sempre con te: che tu lo faccia entrare. Che lo faccia entrare a governare la tua vita come l’Avvenimento in cui solo la vita ritrova la Vita ed è veramente Vita. Questo è il rapporto da ricercare ed ospitare sempre, da riconoscere sempre, a cui tendere sempre e quindi da domandare sempre, fin dal mattino. Da richiamare sempre nella nostra adesione e nel nostro lavoro di dialogo e approfondimento. Questo è ciò che fonda la nostra Compagnia e la ragione della nostra adesione al nostro cammino. Ed è ciò che ci deve segnare e legare come affezione e rapporti perché possiamo ritrovarci amici. All’inizio del nostro Convegno, anche io mi rivolgo a ciascuno di voi usando dello stesso saluto. Augurandomi che ciascuno sia richiamato ulteriormente all’unum necessarium che non va mai dimenticato perché segni la vostra attenzione di adesso e la nostra tensione di sempre. Dell’unum necessarium che è Cristo presente e salvatore, reale abbraccio di misericordia del Padre buono di cui siamo solo attesa e desiderio; lo scopo e il destino di tutto e di tutti, in tutto e in tutti. Perché anche attraverso questo incontro la vita risulti più cedevole a lasciarsi afferrare dalla sua Presenza, più radicalmente segnata dall’amore presente e redentivo di Cristo, di cui siamo chiamati ad essere ardenti e costruttivi testimoni.
Nicolino Pompei