Tiziano: "Cristo portacroce"

L'immagine del nostro volantino di Pasqua

Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene ...a portare la croce"

24 Marzo 2024

Cristo-portacroce

Tiziano, Cristo portacroce, 1560, Museo Hermitage, San Pietroburgo

Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce. Condussero dunque Gesù al luogo del Gòlgota, che significa luogo del cranio” (Mc, 15, 21-22).

Questa è l’unica informazione che abbiamo circa l’uomo che aiutò Gesù a portare la croce lungo la strada verso il Calvario. Le immagini artistiche su questa figura iniziano a comparire piuttosto tardi e l’opera di Tiziano, conservata all’Hermitage di San Pietroburgo, è sicuramente tra le rappresentazioni più intense e coinvolgenti della storia dell’arte. Gesù cattura la nostra attenzione rivolgendoci il suo sguardo. È dunque uno sguardo personale, che attraversa i secoli e arriva fino a noi. È uno sguardo intriso di sangue, visibile dalle pupille arrossate; dall’occhio destro si intravede scendere una lacrima, resa magistralmente dal pennello del maestro. Ci guarda, Gesù, senza accusarci, ma con pietà, ci dice che tutta quella sofferenza è per amore, solo per amore, per strapparci da tutto ciò che ci vince, ci schiaccia, ci paralizza, proprio come quella croce... quindi è un amore rivolto a ciascuno di noi. Un “noi” che attraversa la storia e il tempo, del ‘500 come di oggi. La corona di spine accentua il senso di dolore e l’umiliazione è resa più forte dalla corda legata al collo che probabilmente gli aguzzini usano per trascinare Gesù, incitare il passo, come fosse un animale. La croce di legno taglia la scena in diagonale ed è una soluzione compositiva di grande impatto che troverà fortuna anche negli artisti successivi.
In alto emerge la figura di Simone di Cirene, che guarda Gesù con intensa pietà e dolcezza, lo cogliamo dal gesto di sollevare il legno per alleviare le fatiche al Figlio di Dio. È un uomo anziano, ma forte, si distingue per l’abito curato, la camicia, la giacca di velluto, tutto fa pensare ad un uomo benestante, tutt’altro che un contadino. “Padre di Alessandro e Rufo”, citano i Vangeli: probabilmente questo attributo permette di inquadrarlo come un uomo facilmente identificabile, magari un proprietario terriero che, contrariamente al nostro immaginario di “uomo che veniva dalla campagna”, era ricco e non un semplice contadino. Quindi un proprietario terriero che incontra Gesù a metà giornata, perché poteva permettersi di lasciare l’attività ad altri, forse i figli, che lavorano per lui. Questo renderebbe ragione anche della presenza del prezioso anello.

Tiziano ha circa settanta anni quando realizza questo struggente dipinto. È un periodo di profonda crisi: la Chiesa era stata scossa dal terremoto protestante provocato da Martin Lutero causando la rottura dell’unità tra i cristiani. Dentro questo tumulto che porterà anche alla Controriforma Cattolica, Tiziano sembra ricercare una fede più intima, comprensibile ma dai toni più inquieti. Sono i caratteri della pittura di questi anni: l’intimità è evidente dal contatto personale che Gesù ricerca con chi lo osserva; la scena è essenzializzata ai personaggi e a pochi dettagli che possano inquadrare il soggetto narrato; la pittura è inquieta, tormentata, non ha nulla del classicismo rinascimentale fiorentino, in questo periodo Tiziano arriva a trattare il colore con le dita. Tutto è reso in maniera più essenziale, impressiva, fugace e per questo più espressiva, naturale, reale.

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