Un giorno tutto questo niente sarà tuo,
tutto questo niente sarà tuo.
Il niente a cui Marracash si riferisce nel brano è tutto quello che ha raggiunto grazie al successo con la musica: donne, scarpe, soldi, viaggi in prima classe…
Insomma: tutto quello che ciascuno immagina come il massimo della vita e della felicità. Ma se la ragione è ragione, è impossibile non domandarsi: ma come fai, tu che hai raggiunto tutto questo, a definirlo, appunto, “niente”?
Cento cose, mi tengo in moto,
riempio il tempo e non colmo il vuoto
La risposta ci viene data dal cantante stesso. Ecco la questione decisiva della vita:cosa o chi colma questo vuoto? Cosa o chi può rispondere a quella mancanza di pienezza e soddisfazione che avvertiamo proprio quando arriviamo ad avere tutto quello che abbiamo desiderato e immaginato come soluzione, come risposta al nostro desiderio di felicità?
E soprattutto, che cosa è questo “vuoto”, questo sentimento di insufficienza delle cose che ci riguarda tutti, da Marracash a noi ascoltatori?
Questa riflessione su un testo musicale è l'occasione propizia anche per riprendere il primo volantino con cui ci siamo introdotti nelle piazze e tra la gente, all’inizio della nostra storia.
“La cosa più sicura che può dirsi di un uomo, di ogni uomo, è che egli in ogni momento della sua vita - anche se non lo sa - è desiderio di felicità, è alla ricerca di qualcosa o qualcuno che può renderlo felice. Muove ogni passo, compie qualsiasi azione o scelta nella speranza di realizzare questo suo costitutivo desiderio. Eppure in ogni suo tentativo egli rimane continuamente inappagato e deluso… Ritrovandosi tragicamente ripiegato in una vita di non senso, di noia, di vuoto e di tristezza; in una vita segnata da sogni e delusioni, maschere, fughe e “calmanti”, sfoghi e reazioni… Per poi ritrovarsi imprigionato dentro una patologica rassegnazione in cui la vita lentamente si consuma nella disperazione. Può succedere però - ed è questo che vogliamo testimoniare - che un imprevisto possa accadere e che questo desiderio, inevitabile ed inestirpabile, si trovi pienamente e continuamente soddisfatto. A noi è accaduto nell’incontro sconvolgente - perché non previsto e minimamente considerato - con la presenza e l’avvenimento di Gesù il Nazareno…”.
Queste parole, così essenziali e vere, stampate in un semplice volantino tanti anni fa, oggi le ritroviamo vere e vive dentro l’evidenza di un’esperienza reale. Tutti questi anni sono serviti per incontrarle e riconoscerle nell’esperienza, in una permanente esperienza del nostro umano nel suo quotidiano rapporto con la realtà.
"Tutti questi anni di cammino sono stati dati a ciascuno perché ciò che abbiamo scritto allora - nell’impeto e nell’entusiasmo di un’esperienza reale, di una testimonianza affascinante e visibile - fosse nel tempo continuamente incontrato, riconosciuto, rinnovato, ragionevolmente certificato dall’evidenza di un’esperienza permanente del nostro umano; del nostro umano in tutto e in ogni momento del rapporto con la realtà, senza scartare e censurare nulla. Solo in forza di questa esperienza possiamo oggi stare qui nella certezza che ogni uomo, proprio ogni uomo, non cerca nient’altro che Lui. Anche l’amarissima realtà di tutta la nostra fragilità e miseria, dei nostri fallimentari tentativi di assoggettare la vita alla nostra misura, con tutte le sue letali conseguenze, se lealmente giudicata e riconosciuta alla luce della presenza di Gesù, nell’abbraccio della sua Misericordia, non può che risultare un ulteriore aiuto al disvelamento della vera natura del cuore, della vera pretesa del desiderio, della sostanza del nostro bisogno più profondo. Solo nel dinamismo di questa crescente e rinnovata esperienza possiamo trovarci pervasi da una commossa passione verso ogni uomo ed essere una testimonianza visibile e credibile per la vita di chi ci incontra. Soprattutto in un contesto come quello attuale. Un contesto in cui tutto “cospira a tacer di noi”, tutto è mobilitato a far tacere l’inquietudine più profonda del cuore; tutto è mobilitato e spinge a ridurre il desiderio, a schiacciarlo all’interno di deleterie parzialità, in cui la vita prima o dopo non può che ritrovarsi condannata all’ergastolo di una permanente delusione e a consumarsi lentamente, spesso molto nascostamente, in una inevitabile disperazione: non c’è modo più subdolo e più efficaceper minorare e menomare un uomo - senza farlo fisicamente - della costante e permanente azione di distrazione, riduzione o narcotizzazione dell’inquietudine del suo cuore". (Nicolino Pompei, Tutti ti cercano)