Quando tutto questo finirà

“Quando tutto questo finirà…” dentro le parole e, soprattutto, il ritornello del brano di Anastasio, possiamo trovare da una parte l’invito a fermarci e considerare a che cosa attacchiamo la vita...

26 Maggio 2024

«“Quando tutto questo finirà nessuno si ricorderà il mio nome”. Il mio è un invito all’umiltà: lascia stare la truffa della tua identità, le tue velleità, perché prima o poi verrà l’Apocalisse e verremo tutti giudicati come uguali. Che tu creda o no. Ma è anche peggio se tu non credi all’Aldilà perché dietro ti lasci il nulla […]

Io sono stato fino ai vent’anni un ateo un po’ borioso. Come scrive Heinrich Böll, “gli atei annoiano perché parlano sempre di Dio”. A un certo punto mi sono fatto un bagno di umiltà, ascoltando chi ne sa più di me e che mi mostrava che c’è una prospettiva cristiana interessante.

“Se l’uomo rifiuta Dio, si inginocchia davanti a un idolo” scriveva Dostoevskij. Le idolatrie di oggi sono il denaro e venerare se stessi: tutti gli idoli sono falsi e le tue energie le butti su qualcosa di inutile»

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“Quando tutto questo finirà…” dentro le parole e, soprattutto, il ritornello del brano di Anastasio, possiamo trovare da una parte l’invito a fermarci e considerare a che cosa attacchiamo la vita. Innanzitutto, sull’evidenza oggettiva che siamo fatti con un cuore che ha bisogno di attaccarsi a qualcosa per vivere, un cuore che è sempre in moto per cercare qualcosa o qualcuno che possa renderlo felice.

Dall’altra, c’è l’invito a soffermarsi sull’inevitabile fine di tutto, qui nel riferimento all’Apocalisse, che “costringe” a guardare che attaccare la vita a qualcosa che passa non solo, come dice l’artista, è “inutile”, ma è proprio contrario alla natura del nostro cuoreche desidera l’Infinito. Per questo, se siamo minimamente attenti a noi stessi e alla realtà, ci accorgiamo che qualcosa sfugge, che quello che otteniamo fino in fondo non soddisfa la nostra vita.

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Eppure,il grido del ritornello in qualche modo dice la domanda di senso e il bisogno di qualcosa che resti, che duri: che l’orizzonte ultimo non sia la fine e la scomparsa di tutto. Dove vanno a finire tutte le fatiche, leesperienze, i rapporti, le gioie e i dolori che viviamo? Che senso ha se tutto finisce? E se tutto è fatto per svanire prima o dopo, perché non riusciamo a vivere rassegnandoci a questa idea?

Forse però, come dice Anastasio, una “prospettiva interessante”esiste: la prospettiva che tutto si ricomponga in un disegno ultimo, in un orizzonte eterno… a noi spendere tutta la nostra libertà per scoprire se c’è o non c’è “qualcosa” che non passa, che dura, che resta. A noi non sbagliare prospettiva, per vivere tutta la vita godendo già di quell’orizzonte eterno che il cuore domanda.

«Ciò che doveva perire, era perito. Ciò che doveva morire, era morto. Quando si rese conto che aveva dedicato tutta la sua vita a lavorare per qualcosa che alla fine sarebbe diventato cenere, rimase sconvolto.

Tutta una vita per della cenere!

Non poteva sopportare una vita senza senso! Doveva trovare ciò che non perisce. Doveva aggrapparsi a ciò che non muore mai. Il tempo passa, lo spazio svanisce, gli esseri viventi muoiono ma noi dobbiamo vivere la vita in modo che rimanga ciò che non perisce, ciò che non muore».

dal libro Ciò che non muore mai di Takashi Paolo Nagai.

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