Alla luce della sentenza del 3 dicembre 2024 che condanna Filippo Turetta all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin, desideriamo riproporre il documento con cui un anno fa, dopo la tragedia e il clamore suscitato nell’opinione pubblica, abbiamo voluto esprimere il nostro giudizio in merito alla vicenda. A distanza di un anno, emessa la sentenza, i commenti sui social o sotto le pagine dei quotidiani nazionali si dividono tra chi esulta per la condanna di Filippo e afferma che giustizia è fatta e chi, cinicamente, si augura che, nel tempo, non avverranno sconti di pena, come “sempre accade in Italia”. Dopo la sentenza, Gino Cecchettin, il padre di Giulia, ha affermato: “come essere umano mi sento sconfitto, come papà non è cambiato nulla rispetto a ieri, rispetto a un anno fa”, e su uno dei vari giornali in cui si riportano i fatti si legge, “ [Turetta] ha trascorso la prima notte con l’orizzonte del carcere a vita”. La giustizia ha svolto il suo dovere, ma noi non vogliamo evitare o attutire la provocazione che emerge da questa tragedia, la vera “questione” che richiama, quella più urgente e bruciante, quella che riguarda la possibilità di uno sguardo che possa abbracciare il dolore di un padre e di cari a cui la condanna di Filippo non potrà né restituire Giulia né rispondere alla loro sofferenza e, contemporaneamente, che possa non dimenticare Filippo, un ragazzo di ventitré anni a cui si prospetta, si vuole prospettare come unico orizzonte, quello del “carcere a vita” senza alcuna possibilità di strada e recupero umano.
Ripubblichiamo il DOCUMENTO scritto e diffuso nei giorni successivi alla morte di Giulia
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