Ci lasciamo ora aiutare dalle parole di una preghiera di colletta del Tempo di Quaresima. È una preghiera che può solo scaturire dal cuore di chi ha una piena coscienza di se stesso e del proprio umano, e che emerge dal cuore della Liturgia della Chiesa con questa struggente espressione: “Guarda, Dio onnipotente, l’umanità sfinita per la sua debolezza mortale e fa’ che riprenda vita per la passione del tuo unico figlio”. Nella realtà e nella vita della Santa Chiesa la nostra umanità è considerata e abbracciata fino a questo punto. Chi ha a cuore il nostro umano fino a questo punto? Chi ha a cuore la nostra vita fino a questo punto? Chi è che la considera e la abbraccia così pienamente, totalmente, fin dentro il suo sfinimento e la sua debolezza mortale? Anche questa preghiera di colletta, innanzitutto, co-stringe a prendere coscienza del nostro umano segnato, anzi sfinito, da una debolezza mortale, perché possiamo riconoscere il nostro vero bisogno, il bisogno di incontrare qualcuno più grande e vincente su tutta quella strutturale e mortale debolezza che ci troviamo addosso. Perchéé possiamo emergere in quella assoluta domanda e fame di Dio che siamo, emergente in maniera palpabile proprio dall’esperienza di questo “sfinimento” della nostra umanità, per lasciarci riprendere e rigenerare dal Suo amore infinito attraverso la passione e la morte di nostro Signore Gesù Cristo. È proprio l’esperienza di questo sfinimento che ci spinge ad incontrare, a far emergere, a far “sbottare” il nostro cuore in tutta la sua indomabile urgenza di qualcuno che sottragga, strappi e liberi la vita dalla morsa di questa debolezza mortale. “Fa’ che possiamo riprendere vita per la passione e la morte di nostro Signore Gesù Cristo”. Solo l’avvenimento della presenza, della passione, della morte e della resurrezione di Gesù possono unicamente, efficacemente, sperimentalmente liberarci dalla morsa oppressiva, sfinente e sfibrante di questa debolezza mortale, e farci riprendere vita. “Perché possiamo riprendere vita”: significa ritrovarsi in quell’esperienza di redenzione e di vittoria che Cristo ha guadagnato per ciascuno di noi attraverso la Sua passione, la Sua morte in croce e la Sua resurrezione; in cui solo è possibile riprendere vita, ricominciare a vivere, essere riammessi e ricondotti nel cammino della “vita vita”, della vita vera, libera e piena, della piena beatitudine del cuore. Siamo qui per questo, siamo in cammino per questo, aderiamo e apparteniamo alla nostra compagnia per questo, partecipiamo e viviamo la vita della Chiesa solo per questo.
Ed è l’Avvenimento che siamo chiamati a testimoniare al mondo intero, a testimoniare con la nostra stessa vita lasciata incontrare, riprendere, sanare ed affermare dall’avvenimento della Sua passione, morte e resurrezione.
Anche il gesto di questo convegno deve trovarci nella certezza della presenza di Cristo risorto che ci sta venendo incontro mendicando il nostro cuore, perché la nostra umanità, anche la più persa, martoriata e sfinita, possa riprendere vita e rimettersi in cammino con Lui. Senza avere più paura di guardare in faccia la nostra debolezza mortale, proprio nella certezza di non essere mai soli ma sempre alla presenza di Cristo, che continua a venirci incontro in un permanente abbraccio di amore e di misericordia. Se vogliamo veramente la vita, non possiamo che starci con questo cuore e dentro questa certezza rinnovata. Non dobbiamo più permettere che la nostra vita sia assicurata a delle enunciazioni astratte o a delle definizioni, magari anche nuove, con cui tentare di “elettrizzarla” un po’. Enunciazioni, affermazioni, definizioni che, se lasciate alla meccanica e astratta ripetizione di contenuti e di parole, mostrano sempre la loro incapacità di servire e di rispondere al nostro umano, di bastare al nostro cuore. Non siamo qui per cercare delle formule che ci facciano trovare una via di fuga dal dramma del nostro vivere quotidiano, per cercare di semplificare o di ammortizzare un po’ l’affronto della realtà e i “colpi” che riceviamo tutti i giorni. Siamo qui solo per lasciare incontrare noi stessi dalla presenza di Cristo risorto e rinnovare la certezza che solo in Lui è possibile la vita. Solo in Lui e con Lui - e non con qualcuno che gli somiglia - è possibile vivere tutto, ma proprio tutto. Una certezza che scaturisce da un’esperienza incontrata e verificata permanentemente come avvenimento nel “qui ed ora” del nostro procedere esistenziale.
Il nostro bisogno è un bisogno di adesso, un grido di ogni istante, dentro tutto quello che noi siamo e viviamo. Quindi è in ogni “qui ed ora” che abbiamo l’esigenza di incontrare e vivere questa esperienza come avvenimento tangibile e permanente. Ed è nell’esperienza di questo avvenimento tangibile che siamo chiamati ad incontrare ogni uomo, ad essere una presenza credibile nel mondo.
Qualcuno di noi potrà anche essere qui bloccato, arrestato, imprigionato, sovrastato dal peso della propria debolezza e della propria fragilità, dal dominio di pensieri e immagini ossessive e deleterie. Comunque, non saranno mai né un discorso, né una nuova definizione e nemmeno un buon proposito che potranno liberarlo. È da qui, allora, che sorge quell’imprescindibile domanda che deve sempre accompagnarci: chi è capace? Chi è capace di saper riprendere, liberare e affermare il nostro umano così tragicamente segnato da una mortale debolezza? Ci risponde proprio la preghiera di colletta: solo l’avvenimento della passione, della morte e della resurrezione di Gesù Cristo. A molti di noi questa può risultare solo un’affermazione devota e spirituale: invece è proprio la verità della vita, è l’avvenimento decisivo della vita. Se abbiamo una vera consapevolezza del nostro bisogno - e non lo viviamo con supponenza e abitudine -, se abbiamo una reale coscienza della nostra debolezza, dovremmo proprio ora sentirla come decisiva, ed essere invasi da una tenerezza e da una commozione infinita per questa reale possibilità. È solo la presenza di Cristo, l’opera incessante della Sua grazia che può sempre risvegliare, ridestare, riprendere e rimettere in cammino il nostro umano nella verità e quindi nella libertà. Solo la Sua incessante iniziativa di grazia può liberarci da tutte le conseguenze devastanti dei nostri ostinati tentativi di autosufficienza e di autoaffermazione che si abbattono sul nostro umano, rischiando di prenderci la testa o di farcela perdere.
Sentite cosa afferma una preghiera eucaristica della Liturgia della Chiesa: “Tu continui a chiamare i peccatori (cioè tutti noi) e manifesti la tua onnipotenza soprattutto nella grazia del perdono. Molte volte gli uomini hanno infranto la tua alleanza e tu che fai? (Noi che faremmo? Se seguissimo la nostra misura o quella del mondo, cosa faremmo al posto di Dio?). Invece di abbandonarli stringi un ulteriore vincolo nuovo per mezzo di tuo Figlio Gesù, attraverso la Sua morte e la Sua resurrezione. Un vincolo così saldo che nulla potrà mai spezzare”. Nemmeno il nostro peccato, il nostro tradimento, tutta la nostra riduzione e la nostra debolezza mortale sono capaci di spezzare questo vincolo: certo, a meno che non siamo noi a voltargli le spalle. Ma anche lì, questo vincolo d’amore non verrebbe mai meno, pronto sempre a riaccoglierci. È un amore, un vincolo d’amore irrevocabile. Continua la preghiera: “Anche a noi offri un tempo di riconciliazione e di pace (anche questo che stiamo vivendo adesso) perché affidandoci unicamente alla tua misericordia ritroviamo la via del ritorno a te e aprendoci all’azione dello Spirito Santo viviamo in Cristo la vita nuova…”. In un’altra preghiera eucaristica ci viene detto: “... Quando per la sua disobbedienza l’uomo perse la tua amicizia, tu non l’hai abbandonato in potere della morte ma nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro perché coloro che ti cercano ti possano trovare… Hai tanto amato il mondo da mandare a noi il tuo unico Figlio come Salvatore…”. Niente e nessuno può impedire o distruggere questo amore di Dio alla nostra vita, niente e nessuno può impedire a Gesù di venirci incontro per riprenderci nel Suo amore infinito. Un amore incessantemente commosso verso di noi, sempre pronto a riprenderci, a perdonarci e a riammetterci alla vita in Lui. Possiamo anche voltargli le spalle, voltarci da un’altra parte, resistergli: è il nostro dramma quotidiano. Ma il Suo amore rimane sempre più forte e più grande di tutti i nostri tradimenti, di tutte le nostre resistenze, di tutti i nostri rifiuti. Niente e nessuno potrà mai spezzare questa alleanza di amore infinito, questo vincolo d’amore assoluto con cui irrevocabilmente siamo amati da Dio e che trova la sua piena e definitiva rivelazione proprio nella passione, morte e resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. È il meraviglioso e drammatico spettacolo della misericordia di Dio e della nostra libertà. Della Sua misericordia che non viene mai meno ed è sempre spalancata verso di noi, sempre assetata del nostro cuore; e della nostra libertà che deve sempre essere in gioco e sempre pronta a spalancargli la porta del proprio cuore. Ed è proprio in forza di questo vincolo d’amore irrevocabile e sempre vincente, che quello che fino a ieri è stato un “no”, quello che fino a ieri è stato un rifiuto, quello che è stato fino ad un istante fa distrazione, estraneità, presunzione, riduzione, “dura cervice”, peccato e tradimento, adesso può essere un “sì”, un’apertura e una conversione possibile, un ricominciare nuovo, una vita nuova in Lui. Che struggimento ascoltare che Dio ci offre sempre “un tempo di riconciliazione e di pace” - come quello che siamo chiamati a vivere nella Chiesa, nel cammino della nostra compagnia e oggi nel nostro convegno - dove poter sperimentare questa rinascita, dove poter sperimentare l’esperienza del ritorno a Lui, dell’essere ripresi dal Suo amore per una vita nuova. Per questo siamo qui. Ed è proprio in tutte le circostanze che ci accadono, che segnano così spesso drammaticamente la nostra vita, la concreta e ulteriore possibilità di rinnovare questa continua esperienza di Cristo risorto che non ci abbandona mai, che non smette mai di tornare a riprenderci, a risollevarci anche dentro tutta la nostra decadenza, tutte le nostre fragilità e paure; di rinnovare quell’esperienza del Suo amore sempre più grande e vincente su tutto quello che drammaticamente ci definisce e ci vince, e in cui solo è possibile essere sempre riammessi alla vita nuova e vera.
Nicolino Pompei