Si tratta di una vera battaglia ideologica, ripartita in grande stile e con un grande slancio, quella che sta riguardano in questi ultimi tempi l’obiezione di coscienza da parte dei ginecologi, e altro davvero non può essere! I medici saranno forse costretti a praticare l’interruzione della gravidanza contro la propria volontà?
Che cosa sta accadendo?
A seguito di un reclamo presentato dalla Ong International Planned Parenthood Federation European Network (Ippf), un rete di sigle, capeggiato dalla Laiga (Libera Assoiazione Italiana Ginecologi per l’applicazione della legge 194/78) e assistito da un punto di vista legale dagli avvocati Benedetta Liberali e Marilisa D’Amico, che accusava il nostro Paese di avere un numero di obiettori talmente elevato da non garantire il rispetto della legge 194 sull’interruzione di gravidanza, il Comitato Europeo dei Diritti Sociali Del Consiglio d’Europa (CEDS) ha ufficialmente riconosciuto che l’Italia viola i diritti delle donne che, alle condizioni prescritte dalla legge 194/1978, intendono interrompere la gravidanza. Il Consiglio d’Europa ha accolto il reclamo con 13 voti favorevoli e un solo contrario e ha quindi richiamato l’Italia perché «l’obiezione di coscienza non può impedire la corretta applicazione della norma».
Per il momento si tratta solo di un richiamo, ma non per questo va sottovalutato. Il CEDS infatti è l’organismo che verifica la conformità alla Carta sociale europea – un trattato del Consiglio d’Europa adottato nel 1961 e ampiamente riveduto nel 1996 – dei comportamenti dei singoli Stati aderenti alla Carta. Il Comitato, composto da 15 membri eletti a rotazione fra i rappresentanti degli Stati del Consiglio d’Europa, decide a seguito di reclami proposti da quelle Ong (organizzazioni non governative) che abbiano chiesto a tal fine l’iscrizione in un apposito elenco. Le sue pronunce, che intervengono dopo articolate istruttorie, non hanno l’effetto di una sentenza. Se tuttavia lo Stato destinatario della decisione non si uniforma alla stessa, ciò costituisce il presupposto perché chi ha interesse si rivolga, sulla base del diritto che si assume violato, alla Corte di Giustizia o alla Corte dei diritti: dunque, il provvedimento del CEDS non è una mera esortazione, ma produce effetti giuridici.
E i mass media come al solito fanno la loro parte, buttando benzina sul fuoco. Dopo la pronuncia del CEDS, su diversi quotidiani è apparsa la notizia del dramma di una giovane donna, della quale sono stati forniti nome, cognome, identità del coniuge e fotografia, costretta ad abortire da sola, al quinto mese di gravidanza, nel bagno del reparto ostetricia dell’ospedale Pertini di Roma, perché i medici rifiutavano di praticarle l’interruzione di gravidanza. L’accaduto, in realtà, avrebbe avuto luogo ben quattro anni fa e forse i giornalisti, chiamiamoli così, “sbadati”, dopo aver lanciato la notizia, hanno “dimenticato” di riferire alcuni particolari. Anzitutto i coniugi non hanno mai avviato un’azione legale verso l’ospedale o verso i medici che non l’hanno assistita. L’episodio non ha inoltre avuto conferme: il Pertini, dopo una veloce indagine interna, ha comunicato che la signora al momento dell’ivg era assistita da due medici non obiettori e ha escluso che l’aborto sia avvenuto in un bagno; la smentita non ha avuto repliche e questo qualcosa su come siano andati davvero i fatti vorrà dire!
La battaglia contro gli obiettori di coscienza non è comunque certo nuova. Diverse volte, negli anni passati le Asl di diverse regioni hanno tentato di bandire concorsi riservati a medici non obiettori, con buona pace del divieto di discriminazione per fini ideologici. Sembra evidente che il richiamo del CEDS e le notizie distorte che vengono divulgate vadano ad avvallare e fare strada ad una mentalità un po’ assurda, secondo la quale abortire sarebbe un diritto inviolabile della donna, l’obiezione di coscienza del medico no!
Questa contraddizione emerge anche dalle parole dell’Avv. Prof. Marilisa D’Amico, che si è interessata del reclamo: “Come donna, ancor prima che come avvocato, sono particolarmente felice che oggi sia stato ribadito un diritto fondamentale sancito dalla legge dello Stato italiano […]. Suona quasi beffardo, che a trent’anni dall’approvazione della legge 194 ancora si debba combattere nelle istituzioni competenti per affermare un diritto per noi donne definito costituzionalmente irrinunciabile. Mi auguro che al più presto vengano presi tutti i provvedimenti necessari per applicare la legge in tutte le strutture nazionali”.
Ma insomma – verrebbe da chiedersi – la libertà di fare ciò che si vuole o che si ritiene più opportuno per la propria vita è consentita solo da una parte? E poi, l’avvocato ha forse dimenticato che l’obiezione di coscienza, sebbene non espressamente menzionata nella nostra Costituzione, ma comunque ascrivibile nell’alveo dei diritti inviolabili dell’uomo previsti dall’art. 2, quali la libertà religiosa e di manifestazione del pensiero, viene espressamente contemplata nella stessa legge n. 194/78 all’art. 9?
Già basta questo per tacitare ogni dubbio sulla legittimità dell’obiezione di coscienza.
Qual è l’origine di tale diritto e perché è così importante?
L’espressione “obiezione di coscienza” indica, sia nell’ambito dell’esperienza comune, sia in quello giuridico, socio-politico e filosofico, una decisione contrastante ed opposta ad un obbligo stabilito dal legislatore. Il soggetto, di fronte all’obbligo di tenere un certo comportamento conforme a determinate disposizioni legislative, risponde: “in coscienza, non posso”.
Nata da un imperativo morale, cui l’uomo si rifà, basando il proprio diritto su convinzioni filosofico-umanitarie, o su convincimenti religiosi o morali, l’obiezione di coscienza si ricollega ai principi fondamentali di libertà enunciati dall’articolo 18 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, votata dall’ONU il 10 settembre 1948, in cui si legge: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti”.L’obiezione di coscienza quindi non è un diritto a latere, bensì uno dei principi umanitari fondamentali il cui venir meno non è cosa da poco conto, ma una grave limitazione della libertà di espressione di ciascuno.
Pensiamo al fatto che in Italia ci sono leggi che prevedono espressamente l’obiezione di coscienza per altre questioni, come la legge n.772 del 15 dicembre 1972 che sancisce la non sanzionabilità del rifiuto del servizio di leva per chi dichiarava di essere contrario in ogni circostanza “all’uso personale delle armi per imprescindibili motivi di coscienza”.
Questo veniva previsto per il servizio di leva – obbligo tra l’altro ad oggi abolito -. A maggior ragione il diritto di obiezione deve essere mantenuto e tutelato in questa normativa che riguarda una materia fondamentale come la vita umana. No, non si può essere così biechi, superficiali e dall’orizzonte così limitato ai propri interessi quando si pongono affronti così gravi alla coscienza e all’intelligenza umana: il diritto di obiezione non impone un onere a nessuno tantomeno crea situazioni dannose o pericolose. Lo Stato infatti, mediante chi non è obiettore, deve comunque garantire l’applicazione della legge. E comunque essere medici obiettori non significa, come qualcuno vuole fare credere, essere medici di serie “b”, che non prestano diligentemente il proprio servizio, ma uomini e donne che desiderano vivere e testimoniare anche nel loro lavoro un ideale profondo, come la difesa della vita fin dal suo concepimento!
Nella realtà sempre più medici ed operatori in campo sanitario scelgono di essere obiettori ed ecco il motivo: “…il moltiplicarsi delle fattispecie di obiezione di coscienza nell’ambito sanitario è riconducibile alle stesse ragioni che sono all’origine dell’odierna «questione bioetica», e cioè: da un lato le enormi potenzialità manipolative della vita umana proprie della scienza e della tecnica, dall’altro il pluralismo di «etiche» che caratterizza sempre più la società occidentale” (Giuseppe Dalla Torre, Rettore della Libera Università Maria Ss. Assunta).
“In Europa si registra un ritorno delle ideologie che deformano la comprensione che la ragione e il cuore hanno della realtà” ha affermato il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco. Un atteggiamento che “facendo di un’idea particolare un assoluto, piega forzosamente ogni principio, cosicché esso fatica ad essere riconosciuto come un valore”. Aprendo a Roma i lavori del Consiglio episcopale permanente nel mese di marzo, l’arcivescovo di Genova si è chiesto se proprio l’obiezione di coscienza costituisca ancora un diritto dell’uomo. “Perché – si chiede il cardinale e noi con lui – accade che in Europa alcune serie raccomandazioni sono tranquillamente disattese, mentre altre, non senza ideologismo, vengono assunte come vincoli obbliganti?”.
Difendere il diritto all’obiezione di coscienza è un dovere: significa infatti non soltanto dare ai medici la possibilità di dire no a richieste del paziente in contrasto con i principi di scienza e coscienza, ma vuol dire anzitutto riaffermare sempre e comunque la sacralità e l’inviolabilità della vita fin dal suo inizio, senza “se” e senza “ma”.
Il “sì” alla vita
Ecco che dire “sì” all’aborto e “no” all’obiezione di coscienza significa ancora portare avanti la mentalità della morte della ragione e della libertà, che legittima un omicidio dandogli il nome di diritto, ma nega la possibilità di ribellarsi a questa opinione diffusa.
La vita è vita sempre e il medico non può dimenticarlo!
Il discorso pronunciato dal nostro amato Papa Francesco, il 20 settembre scorso, davanti ai partecipanti all’Incontro dei ginecologi cattolici, sono in questo senso illuminanti e confortanti:
“La nostra risposta a questa mentalità (la "cultura dello scarto", che oggi schiavizza i cuori e le intelligenze di tanti, ndr) è un "sì" deciso e senza tentennamenti alla vita”. E ancora: “Ogni bambino non nato, ma condannato ingiustamente ad essere abortito, ha il volto di Gesù Cristo, ha il volto del Signore, che prima ancora di nascere, e poi appena nato, ha sperimentato il rifiuto del mondo”. “Cari amici medici – conclude il Santo Padre – voi che siete chiamati a occuparvi della vita umana nella sua fase iniziale, ricordate a tutti, con i fatti e con le parole, che questa è sempre, in tutte le sue fasi e ad ogni età, sacra ed è sempre di qualità. E non per un discorso di fede - no, no - ma di ragione, per un discorso di scienza! Non esiste una vita umana più sacra di un’altra, come non esiste una vita umana qualitativamente più significativa di un’altra. La credibilità di un sistema sanitario non si misura solo per l’efficienza, ma soprattutto per l’attenzione e l’amore verso le persone, la cui vita sempre è sacra e inviolabile. Non tralasciate mai di pregare il Signore e la Vergine Maria per avere la forza di compiere bene il vostro lavoro e testimoniare con coraggio – con coraggio! Oggi ci vuole coraggio – testimoniare con coraggio il «vangelo della vita»”.