Porre una riflessione sul significato della presenza dei cattolici in politica è sicuramente molto impegnativo e non può esaurirsi in questo articolo; può comunque essere un aiuto a non cadere nell’inganno che con una croce messa su una scheda elettorale (sempre che ci si sia recati alle urne) sia esaurito il compito specifico che implica questa presenza.
di Domenico Pellei
da Nel Frammento Anno XVI numero 1
Diversamente, e forse ancor più grave oggi, quando si parla dei “cattolici in politica”, si rischia di slittare immediatamente sull’“in politica” dando per scontata l’identità dei “cattolici”. Si schiaccia e si riduce il dibattito - quasi mai la condivisione di un’esperienza, spesso semplicemente un commento cinico e distaccato – sulle opzioni politiche possibili, spesso attratti da forze politiche che si alternano per richiamare strumentalmente la “difesa dei valori irrinunciabili” unicamente per attrarre i voti dei cattolici. Ne consegue che una tornata elettorale come quella recente lasci dietro di sé, per la stragrande maggioranza delle persone, solo il verdetto con i simboli e le percentuali dei vincitori e dei vinti al pari di una qualsiasi competizione sportiva a squadre (e con una peggiore disillusione ed amarezza se a vincere non è stata la nostra squadra). Volendo tornare all’indicazione conciliare posta in premessa, credo che per tutti il punto sia allora ripartire da questa vocazione che è essenzialmente una chiamata. Abitare la “città dell'uomo” superando quel dualismo che spesso viviamo tra la fede ed il nostro modo di pensare, di vivere, di scegliere, di preferire e mostrando “con la stessa propria vita che vive la realtà di tutti, dentro le sfide, la problematicità e il dramma del rapporto con la realtà, dentro le proprie responsabilità quotidiane - ed anche politiche - a quali profondità possa portare il rapporto con Gesù; mostrando tutta la convenienza, la pienezza, la pertinenza, l’intelligenza, la capacità di rapporto e di affronto di tutto, il guadagno e la centuplicazione umana di una vita segnata dalla fede, attratta e commossa da Gesù e dal Suo Amore” (Nicolino Pompei, Quello che abbiamo di più caro…). Verrebbe da dire con Benedetto XVI che “il contributo dei cristiani è decisivo solo se l'intelligenza della fede diventa intelligenza della realtà, chiave di giudizio e di trasformazione". E per coloro che riconoscono uno specifico coinvolgimento sono di conforto le parole di Papa Francesco che in piazza San Pietro, il 30 aprile 2017 esortava dicendo: “Mettetevi in politica, ma per favore nella grande politica, nella Politica con la P maiuscola! Cercate senza timore il dialogo con chi vive accanto a voi, anche con chi la pensa diversamente, ma come voi desidera la pace, la giustizia, la fraternità. È nel dialogo che si può progettare un futuro condiviso”. Sempre Papa Francesco incontrando la cittadinanza di Cesena il 2 ottobre 2017 richiamava la necessità di una buona politica: “una politica che non sia né serva né padrona, ma amica e collaboratrice; non paurosa o avventata, ma responsabile e quindi coraggiosa e prudente nello stesso tempo; che faccia crescere il coinvolgimento delle persone, la loro progressiva inclusione e partecipazione; che non lasci ai margini alcune categorie, che non saccheggi e inquini le risorse naturali […]. Una politica che sappia armonizzare le legittime aspirazioni dei singoli e dei gruppi tenendo il timone ben saldo sull’interesse dell’intera cittadinanza. Questo è il volto autentico della politica e la sua ragion d’essere: un servizio inestimabile al bene all’intera collettività. […] E il buon politico ha anche la propria croce quando vuole essere buono perché deve lasciare tante volte le sue idee personali per prendere le iniziative degli altri e armonizzarle, accomunarle, perché sia proprio il bene comune ad essere portato avanti. In questo senso il buon politico finisce sempre per essere un «martire» al servizio, perché lascia le proprie idee ma non le abbandona, le mette in discussione con tutti per andare verso il bene comune, e questo è molto bello. […] Vorrei dire a voi e a tutti: riscoprite anche per l’oggi il valore di questa dimensione essenziale della convivenza civile e date il vostro contributo, pronti a far prevalere il bene del tutto su quello di una parte; pronti a riconoscere che ogni idea va verificata e rimodellata nel confronto con la realtà; pronti a riconoscere che è fondamentale avviare iniziative suscitando ampie collaborazioni più che puntare all’occupazione dei posti”. È parere diffuso che oggi non esistano più le condizioni storiche che consentivano e addirittura esigevano l’unità partitica dei cattolici dopo la seconda guerra mondiale; sarebbe utopia pensare che quella forma possa ritornare. Oggi forse ai cattolici in Italia si chiede di essere presenti nei diversi schieramenti politici: la loro irrilevanza o meno non dipende tanto da dove sono politicamente, che può essere segno positivo della irriducibilità della fede ad una sola posizione, quanto dalla freschezza e dalla gioia con cui sapranno coniugare la loro fede con la concretezza della storia.