La Camera dei deputati il 20 aprile scorso ha approvato, con 326 si e 37 no, il disegno di legge sul biotestamento che ora passa al Senato per continuare l’iter legislativo.
ITER LEGISLATIVO
Oggi la discussione è di nuovo attuale perché il Parlamento italiano in questi mesi ha lavorato a un nuovo testo unificato di due proposte di legge sul tema, presentate dal deputato PD, Donata Lenzi, dal titolo “Norme in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari (Dat)”.
Tale testo, con gli emendamenti approvati, è stato trasmesso inizialmente alle Commissioni competenti, in sede consultiva, vale a dire Affari sociali, Affari Costituzionali e Giustizia, per acquisirne i pareri, formulare osservazioni e avanzare suggerimenti sulle parti del progetto di loro competenza. È la nostra Costituzione che all’art. 70 descrive puntualmente il procedimento di formazione della legge.
L’iter del testo, licenziato il 16 febbraio scorso in Commissione Affari Sociali alla Camera, acquisiti anche i pareri delle altre due Commissioni, arrivati con vari slittamenti a causa di dissidi interni tra i membri degli organi collegiali sull’argomento trattato, è approdato in aula alla Camera il 13 marzo.
A seguito di giornate di discussioni si è giunta all’approvazione del testo con alcune modifiche il 20 aprile, con voto favorevole dei gruppi Pd, M5S, Sinistra Italiana, Mdp, mentre Scelta civica ha lasciato libertà di coscienza. Contrari Forza Italia, Lega, Fratelli d'Italia e centristi al governo di Ap.
Ora il testo deve comunque passare al Senato per il via libera definitivo e deve essere approvato senza modifiche; se viene modificato, invece, il progetto passa da una Camera all'altra, finché non venga approvato da entrambe nell'identica formulazione. Solo a questo punto si arriva alla promulgazione da parte del Presidente della Repubblica (che può anche rinviare la legge alle Camere per un riesame) e alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Il passaggio alla Camera ha comportato delle modifiche con approvazione di alcuni emendamenti importanti.
Il testo del disegno di legge è ora composto di sei articoli. Prevede in sintesi che “nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge”, e che “ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere ha il diritto di rifiutare, in tutto o in parte, qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia o singoli atti del trattamento stesso”. Il consenso può comportare “l’interruzione del trattamento, ivi incluse la nutrizione e l’idratazione artificiali”, ma “non possono comportare l’abbandono terapeutico”. Il medico “è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale”. Il testo stabilisce anche che il paziente “non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge e alla deontologia professionale”.
Proprio in merito al rispetto delle volontà del paziente da parte del medico vi è stata un’importante modifica alla Camera; in particolare oggi il medico può non tener conto delle volontà lasciate da un paziente se le “Dat appaiano manifestamente inappropriate o non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente ovvero qualora sussistano terapie non prevedibili o non conosciute dal disponente all’atto della sottoscrizione, capaci di assicurare possibilità di miglioramento delle condizioni di vita”. Ma è l’articolo 3 a rappresentare il “cuore” del provvedimento ed è stato anche quello maggiormente dibattuto, approvato con 313 voti favorevoli e 59 voti contrari: qui la legge prevede che ogni persona maggiorenne capace di intendere e di volere possa quindi esprimere le proprie volontà compilando – “in previsione di una eventuale futura incapacità di autodeterminarsi” – una Disposizione Anticipata di Trattamento (DAT). Il paziente può quindi esprimere consenso o rifiuto in merito a “scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, ivi comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali” e indicare una persona di sua fiducia che eventualmente ne faccia le veci e lo rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie. Le DAT devono essere autenticate da un notaio o da un pubblico ufficiale o da un medico, devono essere redatte in forma scritta (o videoregistrate a seconda delle condizioni del paziente) e vincolano il medico che è tenuto a rispettarne il contenuto.; ovviamente sono rinnovabili, modificabili e revocabili in ogni momento e in caso di emergenza possono essere modificate o annullate anche a voce. Le DAT vengono inserite in registri regionali.
Nel testo resta un’altra norma dal forte impatto: le cliniche private, ed in particolare quelle cattoliche, convenzionate con il sistema sanitario nazionale, non potranno chiedere alle Regioni di essere esonerate dall'applicazione delle norme sul biotestamento "non rispondenti alla carta di valori su cui fondano i propri servizi". L'Aula della Camera infatti ha respinto a scrutinio segreto l'emendamento di cui era primo firmatario Gian Luigi Gigli volto ad evitare penalizzazioni "nei rapporti che legano" quelle strutture al Sistema sanitario nazionale. Tra l’altro nel testo non è stato inserito il Registro nazionale delle DAT per mancanza di copertura dopo le osservazioni della Bilancio.
Anche l’articolo 4, con 329 sì, 43 no e 14 astenuti, è stato approvato; si tratta dell'articolo della legge sul testamento biologico sulla "pianificazione condivisa delle cure" nella relazione tra medico e paziente di fronte all'evolversi delle conseguenze di una patologia cronica e invalidante. Il medico e l'equipe sanitaria sono tenuti ad attenersi a quanto stabilito nella pianificazione delle cure qualora il paziente venga a trovarsi nella condizione di non poter esprimere il proprio consenso o in una condizione di incapacità. La pianificazione può essere aggiornata al progressivo evolversi della malattia su richiesta del paziente o su suggerimento del medico.
Approvato anche l'articolo 5, quale norma transitoria, che dispone che quanto previsto dalla legge sul biotestamento si applica anche alle dichiarazioni di volontà già presentate e depositate. Recita l'articolo: "Ai documenti atti ad esprimere le volontà del disponente in merito ai trattamenti sanitari, depositati presso il comune di residenza o davanti a un notaio prima della data di entrata in vigore della presente legge, si applicano le disposizioni della medesima legge".
Infine l’articolo 6, approvato con 348 sì, 18 no e 4 astenuti contiene la clausola di invarianza finanziaria: niente nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (motivo per cui non è stato possibile istituire il registro nazionale delle DAT).
IMPORTANTI PUNTI CRITICI
Purtroppo sono molti i punti critici di questa proposta di legge, dovuti innanzitutto alla delicata tematica che sottende. In particolare si discute dell’antiscientifica inclusione di nutrizione e idratazione fra i “trattamenti sanitari”, che dà modo al malato di disporne la sospensione anche se ciò comporta la propria morte.
La nutrizione assistita non può essere trattata come una terapia, dato che si tratta di semplice sostegno vitale; ciò è tanto vero che di fame e sete muore sia una persona sana che una persona malata. E quanto disposto dalle DAT apre di fatto drammaticamente all’eutanasia passiva.
Altro punto debole iniziale era il vincolo per i medici di attenersi alle volontà di fine vita del paziente, senza alcun margine di azione, né possibilità di fare obiezione di coscienza. Il testo, appunto, non prevedeva inizialmente l’obiezione di coscienza, con conseguente svilimento della professione medica a mero esecutore di volontà altrui e perdita non solo del rapporto medico-paziente ma anche della tutela della vita umana e del diritto alla salute.
Alla Camera però è passato l’emendamento che non va ad introdurre una vera e propria obiezione di coscienza per il medico ma permette almeno al medico di non tener conto delle volontà lasciate da un paziente se le “DAT appaiano manifestamente inappropriate o non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente ovvero qualora sussistano terapie non prevedibili o non conosciute dal disponente all’atto della sottoscrizione, capaci di assicurare possibilità di miglioramento delle condizioni di vita”.
Su questo aspetto era intervenuto su "Avvenire" un autorevole giurista, il prof. Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale (Costituzione e deontologia), che a chi reclama un "diritto" all’eutanasia obietta che, allo stato, non può essere previsto. La Costituzione della Repubblica stabilisce infatti nella "tutela della vita umana uno dei suoi fondamenti e all’articolo 32 sancisce la salute come «fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività»". Cioè, la salute di ciascun cittadino è anche "interesse della collettività", ma "la salute presuppone la vita". E questo, aggiunge il professore, è "uno dei pochi casi" in cui la Carta definisce espressamente un diritto "fondamentale". Quanto alle DAT, il testo attuale rischia secondo il professore di fare del medico "un mero esecutore" di quello che potrebbe configurarsi come "un abbandono terapeutico" fino a sfociare in "suicidio assistito". Aggiunge inoltre il prof. Mirabelli che la deontologia medica, recepita e formalizzata nel codice emanato dalla Federazione dell’ordine dei medici nel 2014, precisa che "doveri del medico sono la tutela della vita, della salute psico-fisica, il trattamento del dolore e il sollievo della sofferenza, nel rispetto della libertà e della dignità della persona, senza discriminazione alcuna". La relazione tra medico e paziente, dice ancora lo stesso codice, "persegue l’alleanza di cura fondata sulla reciproca fiducia" e "su un’informazione comprensibile e completa", vale a dire "sul percorso diagnostico, sulla diagnosi, sulla prognosi, sulla terapia e sulle eventuali alternative diagnostiche-terapeutiche, sui prevedibili rischi e complicanze". Ed è su questa base che si forma il consenso o il dissenso informato del paziente, che è l’esito di un dialogo attuale e continuo. Inoltre scrive ancora Mirabelli che “la Convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e la biomedicina affermano che «un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato», cioè dopo aver ricevuto «una informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell’intervento e sulle sue conseguenze e sui suoi rischi»". Dunque il principio e le regole del consenso informato non sono una novità e non mancano. Il medico informa, e nell’informare accompagna, raccoglie la volontà spesso mutevole, prescrive e cura, ma non impone le terapie, non costringe a subire trattamenti sanitari… Ecco perché la Convenzione di Oviedo prevede un vincolo ridotto per il medico, che deve "tenere conto" dei desideri, non delle volontà, espressi. Parallelamente per il codice deontologico il medico "tiene conto" delle dichiarazioni anticipate di trattamento, e "verifica la loro congruenza logica e clinica con la condizione in atto". Sullo sfondo, dunque, sono da tenere presenti criteri di proporzionalità e ragionevolezza che devono ispirare l’intervento, da valutare in concreto.
"La proposta di legge, pur non adoperando mai il termine eutanasia, ha un contenuto nella sostanza eutanasico". Comincia così l’appello del Centro Studi Livatino formato da magistrati, docenti universitari, avvocati e notai inviato a tutti i deputati e i senatori, arrivato alla Camera durante il dibattito sulla proposta di legge sulle "disposizioni anticipate di trattamento". L’appello, sottoscritto da oltre 250 giuristi reca come prima la firma del professor Mauro Ronco, presidente del Centro studi Livatino, cui si affiancano quelle di giudici emeriti della Corte costituzionale come Paolo Maddalena e Fernando Santosuosso, di magistrati impegnati in ogni settore della giurisdizione, docenti universitari, avvocati con competenze, provenienze geografiche ed esperienze diverse. Qui si realizza, denunciano i giuristi, "una eutanasia di non consenziente, come è già accaduto in Belgio e Olanda". Di fronte a un testo obiettivamente inemendabile il Centro studi Livatino auspica che "il Parlamento italiano affronti le reali emergenze sanitarie; nella convinzione che chi soffre vada aiutato, oltre che a ricevere terapie adeguate, a vivere con dignità la sofferenza, non a vedersi sottratte insieme la vita e la dignità".
Quindi anche il mondo giudiziario mostra disapprovazione e seria preoccupazione per una corrente di pensiero così in contrasto con i principi fondamentali della nostra Costituzione e del comune vivere civile.
Negare, infatti, la coscienza del medico è qualcosa di profondamente incivile oltre che ingiusto. Di certo la libertà e l’incoercibilità dello spazio interiore è essenziale per affermare la libertà personale, e soprattutto l’eguaglianza fra gli uomini. La possibilità di sottrarsi a un imperativo che lede princìpi umani e morali fondamentali è conquista irrinunciabile di civiltà, per tutti.
In Italia esiste il diritto del cittadino, in caso di malattia terminale, ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore, riservando a ciò anche strutture residenziali adeguate denominate hospice: lo prevede l’articolo 1, primo comma, della legge 38/2010, approvata all’unanimità dalle Camere. E se ne parla veramente poco pur di far approvare il disegno di legge.
Per concludere il disegno di legge prevede anche una delega generica e ampia a un “fiduciario”, cui compete la realizzazione delle DAT in caso di incapacità del paziente. Qui la paradossale conseguenza che il medico può trovarsi di fronte a volontà sottoscritte in anni in cui una determinata patologia aveva possibilità di guarigione inferiori al momento in cui le stesse sono fatte valere: in tal caso, egli può disattendere la DAT, ma “in accordo col fiduciario”. E se il fiduciario non fosse d’accordo, il paziente che può guarire viene lasciato ugualmente morire senza cure?
Proprio mentre si discute di questa legge in Parlamento, in occasione della conferenza stampa di presentazione della XXV Giornata Mondiale del Malato, il Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute ha presentato la Nuova Carta degli Operatori Sanitari, aggiornata dopo 22 anni per volontà di Papa Francesco, e pubblicata dal nuovo Dicastero per lo sviluppo umano integrale.
“La sospensione di nutrizione e idratazione non giustificata può avere il significato di un vero e proprio atto eutanasico, ma è obbligatoria, nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l’idratazione e il nutrimento del paziente”, indica questa Nuova Carta, che conferma “la eticità della sedazione palliativa profonda nelle fasi prossime al momento della morte, attuata secondo corretti protocolli etici e sottoposta ad un continuo monitoraggio”. Riguardo “l’espressione in anticipo da parte del paziente delle sue volontà circa i trattamenti ai quali desidererebbe o no essere sottoposto nel caso in cui, nel decorso della sua malattia o a causa di traumi improvvisi, non fosse più in grado di esprimere il proprio consenso”, oggetto appunto della proposta di legge sul fine vita, la carta afferma che "deve essere sempre rispettata la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente, ma il medico non è comunque un mero esecutore, conservando egli il diritto e il dovere di sottrarsi a volontà discordi dalla propria coscienza”. Si ribadisce dunque in maniera essenziale e certa la necessità di “rispettare il malato nella fase finale della vita, escludendo sia di anticipare la morte”, con l’eutanasia, “sia di dilazionarla con il cosiddetto accanimento terapeutico”.
L’ennesimo appello alla difesa della vita è stato lanciato da Papa Francesco, all'Angelus del 5 febbraio, in occasione della Giornata della Vita promossa dalla CEI. “Mi unisco ai Vescovi italiani nell'auspicare una coraggiosa azione educativa in favore della vita umana”, ribadendo che “ogni vita è sacra”. “Portiamo avanti la cultura della vita come risposta alla logica dello scarto e al calo demografico; stiamo vicini e insieme preghiamo per i bambini che sono in pericolo dell'interruzione di gravidanza, come pure per le persone alla fine della vita, perché nessuno sia lasciato solo e l'amore difenda il senso della vita”, ha detto il Santo Padre. Questo è il cuore e lo sguardo con cui guardare ogni uomo fin dentro la sua malattia, e fino al suo ultimo respiro, che porta sempre con sé un profondo desiderio di vita, un inestirpabile desiderio di essere infinitamente amato.