Siamo nel 1914, anno che ci rimanda alla Prima guerra mondiale. Sotto la minaccia dei bombardamenti, a costante rischio della vita; la notte della Vigilia di Natale circa 100.000 soldati britannici e tedeschi furono coinvolti in un certo numero di tregue spontanee lungo i rispettivi settori di fronte nelle Fiandre. Il fatto è stato raccontato da un noto umorista e cartonista di origine britannica, Bruce Bairnsfather, all’epoca capitano del reparto di mitraglieria: i tedeschi iniziarono a mettere delle candele sul bordo delle loro trincee e su alcuni alberi nelle vicinanze, iniziando anche ad intonare alcuni canti della tradizione natalizia. I britannici iniziarono a rispondere con i loro canti, le cui melodie evidentemente erano riconoscibili. Poco dopo i soldati dei due schieramenti presero ad attraversare la terra di nessuno per scambiare con la controparte piccoli doni, come cibo, tabacco, alcolici e souvenir quali bottoni delle divise e berretti. Questi fatti proseguirono anche la mattina di Natale: una forte gelata indurì il terreno e disperse l'odore di putrefazione dei cadaveri insepolti, i soldati continuarono ad incontrarsi per scambiarsi doni e scattare foto ricordo, arrivando ad organizzare anche delle partite di calcio. Questa divenne anche l’occasione per recuperare i caduti rimasti abbandonati nella terra di nessuno e dare loro sepoltura, organizzando anche delle celebrazioni eucaristiche. In alcuni casi la tregua durò fino a Capodanno.
Bruce Bairnsfather, testimone degli avvenimenti, scrisse:
"Non dimenticherò quello strano e unico giorno di Natale per niente al mondo... Notai un ufficiale tedesco, una specie di tenente credo, ed essendo io un po' collezionista gli dissi che avevo perso la testa per alcuni dei suoi bottoni [della divisa] ...Presi la mia tronchesina e, con pochi abili colpi, tagliai un paio dei suoi bottoni e me li misi in tasca. Poi gli diedi due dei miei bottoni in cambio... Da ultimo vidi uno dei miei mitraglieri, che nella vita civile era una sorta di barbiere amatoriale, intento a tagliare i capelli innaturalmente lunghi di un docile "Boche”, che rimase pazientemente inginocchiato a terra mentre la macchinetta si insinuava dietro il suo collo".
A distanza di quasi un secolo, nel 2005 nelle sale cinematografiche è stato proiettato: Joyeux Noël. Una verità dimenticata dalla storia; del regista Christian Carion. Il film racconta la storia di due cantanti lirici che si recano sul fronte tedesco la Vigilia di Natale per allietare con il loro canto i soldati. Dopo la prima strofa di Astro del ciel in tedesco, rispondono gli scozzesi, accompagnando la canzone con la cornamusa. Basta poco perché i soldati escano dalle trincee per incontrarsi su quello che, fino ad allora, era il terreno di guerra. Anche il reggimento francese si unisce per festeggiare. Champagne, sigarette, cioccolato, foto e ricordi vengono condivisi fra abbracci e sorrisi. Il prete scozzese che aveva suonato la cornamusa celebra la messa. All'Ave Maria intonato dalla cantante, i soldati non riescono a trattenere le lacrime. Questi fatti saranno poi ritenuti una “disobbedienza” per la quale i soldati di ciascun schieramento verranno ingiustamente puniti.
Quel nemico, di cui non avevano nemmeno visto il volto, il soldato dello schieramento opposto, che quei giovani soldati avevano combattuto per giorni e mesi, una volta incontrato e conosciuto, non è che un uomo in carne ed ossa come loro, che gioisce, soffre, ha nostalgia di casa come chiunque altro costretto in quelle lande solitarie a impugnare per forza armi e combattere. Da questo incontrarsi in quella Notte Santa tutto cambia: dall’una e dall'altra parte della trincea non c'è più un nemico da eliminare, ma un uomo da salvare, addirittura un amico con cui rincontrarsi una volta finita la guerra. Questa storia struggente ci aiuta a riflettere e rimanda ad una affermazione del grande Cesare Pavese: "Nelle cose pensate manca sempre l’inevitabilità. Il pensiero più risoluto non è nulla di fronte a ciò che avviene. La pazzia consiste nel credere eventi dei semplici pensieri".
Ma la pazzia più grande che amareggia la vita, è quella di chiudere tutto noi stessi all'avvenimento della Notte di Natale, non lasciando spazio ad una inevitabilità. Come quegli uomini, che si sono trovati a vivere qualcosa di diverso, ma corrispondente al cuore, che sono stati mossi da "qualcosa" che li aveva portati a deporre le armi e incontrarsi, a mani nude, uno di fronte all'altro, e poi trovarsi costretti e forzati anzi violentati a tornare alla posizione precedente la Notte di Natale, come se nulla fosse accaduto; per l’imposizione contraria al cuore, dell’altrui pensiero risoluto.