«Reverendissimi ed Eccellentissimi Padri della XIII Assemblea del Sinodo,
Mi congratulo con voi che potete partecipare al Sinodo e rendere omaggio al Sepolcro di San Pietro. Mi duole moltissimo che non possiate udire alcuna voce della Chiesa Cinese. Voglio dire che la nostra Chiesa in Cina, in particolare i laici, ha sempre custodito finora la pietà, la fedeltà, la sincerità e la devozione dei primi cristiani, pur avendo sopportato cinquanta anni di persecuzioni. Desidero aggiungere che prego intensamente e costantemente Dio Onnipotente affinché la nostra pietà, la nostra fedeltà, la nostra sincerità e la nostra devozione possano risanare la tiepidezza, l’infedeltà e la secolarizzazione che sono sorte all’estero da una apertura e una libertà senza freni. Nell’Anno della Fede, nelle vostre discussioni sinodali potete indagare perché la nostra fede in Cina si è potuta conservare indefettibile fino a oggi. È come ha detto il grande filosofo cinese Lao Tse: “Come la calamità genera la prosperità, così nella mollezza si nasconde la calamità”. Nelle Chiese fuori dalla Cina, la tiepidezza, l’infedeltà e la secolarizzazione dei fedeli si sono contagiate a molti chierici. Invece, nella Chiesa Cinese i laici sono più pii dei chierici. Credo comunque che la nostra fede di cristiani cinesi possa consolare il Papa. Non menzionerò la politica, che è sempre transeunte». Lucas LY
Questo è il messaggio che il mons. Lucas Li Jingfeng, vescovo novantenne di Fengxiang (Shaanxi), liberato nel 1979 dopo vent'anni di carcere, forzatamente assente dall'assemblea, ha inviato a Benedetto XVI in occasione dell’inizio del Sinodo dei Vescovi successivo all’apertura dell’Anno della Fede. Parole struggenti ma contemporaneamente chiare e certe di chi ha incontrato il senso della vita in Gesù Cristo e spende tutto per testimoniarlo.
Egli ci testimonia che essere cristiani in Cina è cosa durissima, ma, contemporaneamente, è una possibilità per esserlo fino in fondo… fino al martirio.
La Chiesa cattolica in Cina
La Chiesa cattolica in Cina (presente con i primi missionari fin dal XIII secolo) conta tra gli 8 e 16 milioni di fedeli ed è sotto costante persecuzione.
I primi martiri del XX secolo sono stati uccisi in Cina dai Boxer, una setta xenofoba e anticristiana. Caddero 180 missionari e circa 40 mila cristiani.
Nel 1957 l’allora Presidente della Cina Mao Tze Thung, assolutamente ateo, ha fondato l’Associazione patriottica (Ap), ente legato al Pcc e che offre un surrogato della religione cattolica, la cosiddetta “Chiesa ufficiale” che organizza messe, catechismo, ordinazioni vescovili senza il consenso del Papa. È il Pcc che decide cosa si insegna a catechismo, chi lo frequenta, chi viene ordinato sacerdote o vescovo, che cosa si studia nei seminari e che cosa devono dire i parroci durante le omelie. Ed il Partito controlla la “pertinenza” del modo di vivere la propria fede proprio attraverso l’Associazione patriottica a cui tutti i cattolici sono obbligati ad aderire perché essa è la sola ad essere indicata come "chiesa ufficiale" in quanto è l’unica ad essere accettata dal governo cinese. E se è pur vero che apparentemente in Cina ognuno può professare liberamente la religione che vuole nel chiuso delle mura di casa sua, se ciò però avviene in pubblico deve stare alle regole e al controllo imposti dal Partito. Proprio per questo in Cina è nata una Chiesa cosiddetta “sotterranea”, illegale secondo il governo cinese e da sempre perseguitata, ma obbediente al Papa. E quanti sacerdoti e vescovi sono stati arrestati e uccisi perché si sono rifiutati di rinnegare il Papa e iscriversi all’Ap!
La Chiesa Cattolica è stata dall’inizio sempre estremamente chiara con il governo cinese: non può sussistere una chiesa che non obbedisca al Papa e soprattutto che ordini sacerdoti e vescovi senza il suo consenso. Questa chiarezza risale già ai tempi di Papa Pio XII che con l'enciclica Ad Apostolorum Principis ha condannato tali pratiche.
Ma il governo cinese, che risulta essere uno dei più antidemocratici al mondo anche per altre questioni e per la negazione di fondamentali diritti umani, e che già sessant’anni fa ha confiscato tutti i beni della Chiesa cattolica, in questi ultimi anni ha continuato ad uccidere ed imprigionare molti sacerdoti, vescovi e fedeli “ribelli”.
Numerosi sono i vescovi scomparsi da decenni e di cui non si sono più avute notizie: per molti di loro l’ipotesi più probabile è quella della morte violenta con l’immediata cremazione del corpo per far perdere ogni traccia del crimine commesso: l’obbedienza “spirituale” di un cittadino cinese a uno Stato straniero (la Santa Sede) viene infatti considerata come un tradimento della Patria e punita con pene severissime (A due vescovi cinesi martiri e illustri sconosciuti).
Nel maggio 2007 Benedetto XVI ha emanato la Lettera del Santo Padre Benedetto XVI ai vescovi, ai presbiteri, alle persone consacrate e ai fedeli laici della Chiesa cattolica nella Repubblica popolare cinese, struggente lettera di vicinanza della Chiesa e del Santo Padre ai cattolici cinesi e contemporaneamente chiara presa di posizione rispetto al governo. Se alcuni passi di “diplomazia” si sono comunque mossi per ridurre le distanze e la freddezza del governo cinese, in questi ultimi anni la situazione continua a rimanere drammatica per i cristiani.
Ricordiamo due fatti drammaticamente eclatanti. Innanzitutto la recentissima vicenda di mons. Thaddeus Ma Daqin, di 44 anni, nominato lo scorso 7 luglio dalla Chiesa cattolica cinese vescovo ausiliare di Shanghai, con l’approvazione del Papa. Neanche una settimana dopo è stato recluso e sotto indagine perché alla fine della Messa durante la quale è stato ordinato, ha dichiarato: «Con questa ordinazione, io consacro il mio cuore e la mia anima al ministero episcopale e all’evangelizzazione. Voglio dedicarmi ad assistere il vescovo [Jin Luxian, che ha 96 anni, ndr] e per questo ci sono alcune posizioni che mantengo e che risulterebbero sconvenienti. Da oggi in poi, dunque, non sarò più membro dell’Associazione patriottica». Da quel momento Mons. Ma Daqin è sparito: portato via da alcuni membri dell’Ufficio affari religiosi del governo, è stato privato della libertà per punizione contro il suo gesto di ribellione pubblico al potere politico cinese ed è risultato scomparso fino a quando, secondo alcune fonti, non è stata diffusa la notizia che si trova segregato nel seminario di Sheshan, che si trova poco distante dalla città di Shanghai. Le ultime notizie lo danno in grave condizioni sia fisiche che psicologiche.
Inoltre la tremenda vicenda di Gao Zhisheng, una delle figure più rispettate del mondo della dissidenza cinese. Dopo una brillante carriera forense – venne nominato uno dei “Dieci migliori avvocati di Cina” – si è convertito al cristianesimo e ha deciso di lavorare per difendere proprio in tribunale tutti coloro che venivano accusati in maniera strumentale per le loro richieste di democrazia e giustizia. Dopo due anni di lavoro nella provincia settentrionale del Xinjiang, ha pubblicato un lungo rapporto sulla brutale persecuzione dei cristiani non ufficiali e contemporaneamente si è convertito al cristianesimo: prestando la sua assistenza legale gratuitamente alla popolazione del posto ha iniziato ad interessarsi della condizione dei cristiani, perseguitati dalle autorità perché non iscritti all'Ufficio Affari religiosi. Nel 2006 le autorità lo hanno arrestato e condannato per "aver incitato la sovversione", condanna che più tardi è stata sospesa. Ma nei cinque anni successivi, Gao è stato vittima di "sparizioni forzate" e di torture. Solo all’inizio di quest’anno il regime comunista di Pechino ha confermato per la prima volta dopo 20 mesi di silenzio che l’avvocato si trova in un carcere della provincia occidentale dello Xinjiang.
In una condizione così riprovevole è altrettanto allarmante il fatto che i cristiani “non allineati” vivono costantemente sotto una pressione che tocca tutti gli aspetti della loro vita fino a quelli più intimi… Di recente centinaia di cristiani evangelici sono stati arrestati solo per essersi fatti il segno della croce in pubblico.
Alcune fonti d’informazione inoltre affermano che attualmente in Cina diversi milioni di persone sono detenute, sfruttate e torturate nei laogai. Con questo termine (che letteralmente in cinese significa “riforma attraverso il lavoro”) si designano dei “moderni” campi di concentramento in cui esseri umani, costretti a vivere in condizioni di assoluta prostrazione, fisica e morale, vengono obbligati a lavorare anche 16 ore al giorno con lo scopo di fabbricare prodotti per il regime comunista cinese in spregio di ogni tutela sociale.
Nel 2008 ne sono stati censiti circa 1400, ma nessuno è al corrente del numero esatto. La loro creazione risale a Mao che li istituì nel 1950, sotto consiglio degli alleati sovietici. Vi sono rinchiusi dissidenti del regime (politici e civili) nonché religiosi di ogni genere (monaci tibetani, Vescovi cattolici, pastori protestanti), oltre a criminali comuni.
Per il regime di Pechino i laogai hanno un duplice obiettivo: da una parte opprimere i dissidenti politici e fiaccare la resistenza all’ideologia del partito unico, dall’altra avvalersi di forza-lavoro a costo-zero.
...perchè porti più frutto!
Un condizione quella della Cina, e anche particolarmente dei cristiani cinesi tremenda: eppure all’orizzonte sembra profilarsi comunque la speranza. Chi vive in Cina ha infatti sottolineato come negli ultimi anni, a fronte di questa evidente situazione di persecuzione, anzi proprio per questa, ci sia stata una “impressionante rinascita religiosa” che ha visto le chiese riempirsi come non mai.
Di questa nuova “fioritura” hanno dato diretta testimonianza al recente Sinodo anche gli unici due alti prelati in rappresentanza della Chiesa Cattolica cinese. Particolarmente il Cardinale di Hong Kong, John Tong Hon, nel suo saluto ha parlato di una “crisi” dovuta al timore di vivere sempre “sotto assedio” cui sono costantemente sottoposti i fedeli cinesi, definendola un “pericolo” e contemporaneamente un’”opportunità” che sta facendo avvicinare sempre più persone alla chiesa cattolica ubbidiente al Papa:
“…A Hong Kong, prima dell’annessione della città alla Cina nel 1997, molte famiglie hanno affrontato la crisi dovuta al timore di vivere sotto il regime comunista. Il termine «crisi» in lingua cinese è definito da due caratteri: «pericolo» e «opportunità». Per questo motivo, di fronte alla crisi dell’incertezza, perfino i cattolici non praticanti sono tornati in seno alla Chiesa per avere un sostegno spirituale. E molti fedeli hanno partecipato alla catechesi, a corsi biblici e teologici per approfondire la propria fede e diventare evangelizzatori. Oggi la nostra diocesi ha oltre un migliaio di catechisti volontari ben formati. Quest’anno oltre tremila adulti hanno ricevuto il battesimo la vigilia di Pasqua. Macao, la diocesi confinante con la nostra, ha assunto gli stessi impegni e ha visto incrementare il numero dei battesimi negli ultimi anni.
Nella Cina settentrionale, un parroco di campagna ha condiviso con me la sua esperienza di evangelizzazione. Dopo aver molto pregato, ha deciso di dividere i parrocchiani in due gruppi con compiti diversi. Ha chiesto ai neobattezzati di invogliare i propri amici e parenti non cattolici a studiare la catechesi, e ai cattolici di lunga insegnare il catechismo ai catecumeni. Mentre insegnavano, il sacerdote pregava con fervore in chiesa. Così, la parrocchia ha registrato più di mille battesimi all’anno…”.
Centinaia sarebbero i soprusi che ancora oggi, proprio mentre scriviamo, i cristiani cinesi devono subire; ma altrettante sono quelle testimonianze, tra cui quelle sopra menzionate, di chi sta vivendo la propria fede cristiana tra mille tribolazioni e pericoli, ma certi di Cristo Gesù, della Sua Presenza, e del sostegno della Sua Compagnia nella Santa Chiesa che, anche se “sotterranea” e nascosta, non manca di sostenere i suoi figli con la vicinanza ed il sostegno materiale ove possibile e comunque, in ogni caso, con la preghiera che rimane sempre l’”arma” più potente in ogni tribolazione.
Nonostante la persecuzione infatti i numeri crescono di continuo: è in atto una rinascita religiosa senza precedenti che il governo comunista non si spiega e non riesce a fermare. Sono impossibili stime ufficiali, ma si calcola che il numero dei cattolici vada dai 20 agli 80 milioni. E il rapporto tra fedeli della Chiesa di Stato o aperta e quelli della Chiesa sotterranea è di uno a quattro.
Questa vicinanza, questa comunione, sono tangibili ed emergono dalle testimonianze di molti fedeli cinesi che, nonostante le repressioni, le ingiustizie e le sofferenze continue che vivono, sono ancora più attaccati alla Chiesa in Cristo Gesù.
Così come emerge per esempio anche dalla lettera di un giovanissimo seminarista cinese in occasione della conclusione dell’anno 2011, in attesa della sua ordinazione. Questo è un breve tratto finale:
“… Non conosco molto del mondo fuori dal seminario, ma so che la Tua grazia non mi ha mai abbandonato. Ho trascorso giorni gioiosi, dolorosi, rumorosi, noiosi e vuoti. Ma li amo tutti. Sono diventato amico dei miei compagni e ho incontrato i miei insegnanti e soprattutto il Signore. Anche se la strada per seguirTi è piena di tribolazioni e difficoltà, qui sono maturato, sono stato educato. Ogni volta che mi sento solo e impotente, Tu ci sei. So che molti parenti e amici pregano per la nostra vocazione: noi stiamo toccando con mano la fede e la vita Dio, ti ringrazio e ti rendo lode.”
È sconvolgente questa rinascita della fede, ed è un richiamo. La testimonianza fino al martirio di tanti cattolici cinesi non solo non deve essere taciuta ma è linfa vitale anche per noi che viviamo in Paesi in cui la persecuzione non è così evidente perché molto più sofisticata e contraffatta ma che reclama la stessa certezza nella fede in Cristo Gesù espressa come chiara identità e certa presenza dentro ogni fattore della realtà. Perché così come proclamò Giovanni Paolo II il 25 agosto 1996: “In duemila anni di storia ai cristiani è stata chiesta non poche volte la prova suprema del martirio. Restano vivi nella memoria soprattutto i martiri della prima era cristiana. Ma anche nei secoli successivi sono molti coloro che in diverse circostanze hanno versato il sangue per Cristo, tanto in oriente, quanto in occidente. La divisione che purtroppo è intervenuta tra le Chiese non rende meno prezioso il loro sacrificio. Ai martiri si rivolge con particolare intensità la venerazione del popolo di Dio che in essi vede rappresentata dal vivo la passione di Cristo. Il sangue dei martiri, diceva Tertulliano, è seme di nuovi cristiani. Esso è anche linfa di unità per la Chiesa, mistico corpo del Cristo. Se al termine del secondo millennio essa è diventata nuovamente Chiesa di martiri, possiamo sperare che la loro testimonianza, raccolta con cura nei nuovi martirologi, e soprattutto la loro intercessione affrettino il tempo della piena comunione tra i cristiani di tutte le confessioni e in special modo tra le venerate Chiese Ortodosse e la Sede Apostolica”.
Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. (Matteo 5,3-12)