«L’eterologa introduce una rivoluzione. Potranno esistere due madri: la gestante e chi concepisce». Questa è solo una delle tante e gravi conseguenze che produrrà la sentenza n. 162 emessa il 9 aprile scorso dalla Corte Costituzionale, la quale ha deciso di estirpare dalla legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita una delle norme più caratterizzanti (art. 4 comma 3), quella che precludeva alla coppia di accedere al gamete di un donatore esterno, oltre all’art. 9, commi 1, 3 e 12, che prevedeva sanzioni per i medici che avessero praticata la fecondazione eterologa.
In particolare le questioni di legittimità sono state sollevate dai tribunali di Catania, Firenze e Milano sul divieto di fecondazione eterologa (cioè con gameti di persone estranee alla coppia) contenuto all’articolo 4, terzo comma, della legge 40, a seguito di sollecitazioni di coppie ricorrenti, alle cui spalle vi sono associazioni legate ai radicali, non nuove a tali iniziative giudiziarie, che lamentavano che tale divieto andava a collidere con gli articoli 2, 3, 29, 31, 32 e 117 della Costituzione, nella parte in cui il divieto normativo non garantisce alle coppie cui viene diagnosticato un quadro clinico di sterilità o infertilità irreversibile, il diritto fondamentale di autodeterminazione e di piena realizzazione della vita privata familiare.
Che cosa è accaduto con questa sentenza?
Dal momento in cui la sentenza è stata depositata lo scorso 12 giugno “il via libera all’eterologa” è stato immediato, essendo stati esclusi eventuali vuoti normativi da parte della stessa Corte Costituzionale.
La risposta del Governo italiano e delle Regioni
La commissione Salute della Conferenza delle Regioni ha trovato un’intesa sulle linee guida per disciplinare in tutta Italia la procedura; tale documento è stato poi approvato all’unanimità dalla Conferenza delle Regioni, ed attende il via libera anche dalla Conferenza Stato-Regioni, per poi essere recepito in ogni Regione con delibere proprie.
Cosa rimane della Legge 40 e della volontà popolare?
Come è possibile che con sentenza del 9 aprile 2014 la Corte Costituzionale cancelli di fatto l’esito di un referendum popolare, dopo che con sentenza del 13 gennaio del 2005 la stessa Corte ne aveva sentenziato addirittura l’ammissibilità?
Quali sono i diritti violati? E quali le conseguenze?
La prima ricaduta di tale difesa dei diritti è proprio quella sulla tutela del nascituro, che nel nostro ordinamento è un obbligo costituzionale. La caduta del divieto di fecondazione eterologa apre a un vuoto legislativo che sostanzialmente espone i figli – vale a dire i soggetti più deboli – alla mancanza di certezza sui propri genitori. Chi è padre e madre? Potrà, questo figlio, conoscere i suoi genitori biologici? Come, quando? E tutte le dinamiche sanitarie circa il patrimonio genetico ereditato (malattie, sindromi, predisposizioni varie) come saranno gestite?
Il diritto del bambino di conoscere l’identità dei genitori biologici, e il nuovo concetto di “famiglia”
Chi tutela i figli nati dalla fecondazione eterologa?
Il pronunciamento della Corte costituzionale è più ampio di quanto non si possa immaginare: concerne non solo la legittimazione della fecondazione eterologa ma altresì il riconoscimento di un rapporto giuridico trilaterale, quadrilaterale o finanche pentalaterale (nel caso di maternità surrogata) tra il nato, i genitori affettivi e quelli biologici.
Sul piano etico-sociale
L’ammissibilità della fecondazione eterologa comporta il rischio della mercificazione di gameti ed embrioni e l’effetto scontato di procedere nella pratica a una vera e propria selezione che rasenta l’eugenetica
Con il via libera alla fecondazione eterologa si finisce per “identificare il piano dei desideri con il piano dei diritti” con una resa della “cultura giuridica” al “dominio della tecno-scienza” dimenticando che “il figlio è una persona da accogliere e non l'oggetto di una pretesa resa possibile dal progresso scientifico”. È il giudizio espresso dalla Presidenza della Cei in una dichiarazione diffusa dall’Ufficio comunicazioni sociali nella quale si prende posizione “in merito alla decisione della Corte Costituzionale in materia di fecondazione eterologa medicalmente assistita” assunta dai giudici della Consulta.
“La decisione della Corte Costituzionale, verso il cui operato si conferma il necessario rispetto – si legge nel comunicato – entra nel merito di una delicata esperienza umana. Il desiderio di avere un figlio è profondo ed indiscutibile e merita il massimo rispetto e la più delicata comprensione”. Tuttavia la Presidenza della Cei ritiene “doveroso segnalare alcuni nodi problematici che suscitano dubbi e preoccupazioni, sotto il profilo antropologico e culturale”. Anzitutto con la sentenza della Consulta “viene affermato un non meglio precisato «diritto al figlio» o «diritto alla genitorialità», col rischio di confondere o, peggio, identificare il piano dei desideri con il piano dei diritti, sottacendo che il figlio è una persona da accogliere e non l’oggetto di una pretesa resa possibile dal progresso scientifico”.
Il verdetto dei giudizi costituzionali poi “assume come parametro di valore un preteso diritto individuale, sganciato da qualsiasi visione relazionale”, ma così facendo “si trascura, tra l'altro il diritto del figlio a conoscere la propria origine biologica”. Inoltre “si cambia e si snatura il concetto e l'esperienza di paternità e di maternità, che sono elementi preziosi per l'unità profonda e inviolabile della coppia”.
Infine, nota ancora la Cei, “si determina un pericoloso vuoto normativo nel quale rischia di essere legittimata ogni tecnica di riproduzione umana. La cultura giuridica non dovrebbe semplicemente avvalorare il dominio della tecno-scienza, ma porsi la questione del senso e anche quella del limite. Infatti, come la storia ha dimostrato, non tutto ciò che è fattibile giova al genere umano”.
Non per ultimo il comunicato ribadisce con forza che “la tecnologia non può sovvertire un dato di ordine psico-biologico, cioè il rapporto tra un figlio e i suoi genitori. Questa non è scienza ma un’estensione del potere dell’uomo che deve invece rimanere subordinato ai valori”. Va dunque ribadito che non tutto quello che è tecnicamente possibile è anche praticabile: “La tecnologia, che è applicazione della tecnica, non può in alcun modo essere fonte di valori. Purtroppo, quando l’ideologia prevale, il buon senso viene superato”.
È evidente che questa sentenza si pone all’interno di un più grande movimento di pensiero teso a sradicare il concetto di famiglia così come regolato e tutelato dalla nostra Costituzione, quale società naturale fondata sul matrimonio.
É solo l’ultimo attacco alla famiglia, questa volta dalla parte della procreazione, mascherato come tutela dei diritti inviolabili della coppia ma che esprime fondamentalmente il desiderio di fare ciò che si vuole, senza troppo approfondire le conseguenze.
Si necessita a questo punto di un intervento chiaro del legislatore che fissi dei paletti certi, non interpretabili, e che salvaguardi lealmente la vita dell’uomo e i suoi veri diritti fondamentali. Perchè l’uomo non continui a distruggere l’uomo
Papa Francesco incontrando il Movimento per la vita proprio due giorni dopo la sentenza (l’11 aprile scorso) ha affermato: “La vita umana è sacra e inviolabile. Ogni diritto civile poggia sul riconoscimento del primo e fondamentale diritto, quello alla vita, che non è subordinato ad alcuna condizione, né qualitativa né economica né tantomeno ideologica”. D’altra parte, “uno dei rischi più gravi ai quali è esposta questa nostra epoca – ha riflettuto il Papa – è il divorzio tra economia e morale, tra le possibilità offerte da un mercato provvisto di ogni novità tecnologica e le norme etiche elementari della natura umana, sempre più trascurata”.
Non possiamo essere così ingenui e indifferenti nel non pensare che in una società in cui il bene della persona sia ridotto ad un mero problema tecnico non ci siano gravi conseguenze da pagare a caro prezzo! L'indifferenza della coscienza nei confronti del vero e del bene rappresenta una pericolosa minaccia per ogni uomo singolo, per la società intera ed in fondo anche per un autentico progresso scientifico. Tutto questo allora ci spinge ad essere protagonisti convinti e pieni di ragioni pertinenti, come del resto abbiamo cercato di fare anche in questo scritto, a difesa del bene e del vero, e quindi di ogni uomo. Ma con altrettanta convinzione crediamo perché sperimentiamo che, usando ancora del Santo Padre, “l’evangelizzazione nel nostro tempo”, perché evidentemente respiriamo su più fronti le conseguenze nefaste e devastanti, oltre che isteriche e contraddittorie di una vera e propria scristianizzazione, “sarà possibile soltanto per contagio di gioia”. Quella gioia che viene solo da Cristo e dall’incontro con la Sua Presenza.