Ha suscitato scalpore e indignazione la lettera del 29 aprile scorso che il direttore generale della Azienda sanitaria unica regionale (Asur), ha inviato ai direttori delle zone territoriali e ai dirigenti medici di presidio della Regione Marche (in pratica i vertici di tutta la sanità regionale, ospedaliera o territoriale) per stabilire “riferimenti normativi e criteri operativi” in merito alla relazione tra pillola del giorno dopo e obiezione di coscienza.
In pratica, secondo le direttive di Malucelli, i medici ospedalieri e territoriali (consultori, guardia medica, 118, ma anche medici di famiglia) non possono avanzare l'obiezione di coscienza di fronte alla richiesta di prescrizione per la pillola del giorno dopo (più nota come Norlevo). In particolare questa lettera segnala l’obbligo di prescrivere la pillola del giorno dopo alla donna che ne faccia richiesta in caso di «obiettiva gravità e urgenza» .
Secondo il dirigente amministrativo l’obiezione di coscienza non sarebbe invocabile ai sensi della legge 194 perché “la prescrizione e la regolamentazione del farmaco è sottratta alla regolamentazione dettata dalla legge richiamata che assume a riferimento una condizione fisiologica della donna di stabile aspettativa di maternità”.
Non varrebbero pertanto, né l’obiezione di coscienza (prevista dall’art. 9 della legge 194). né la clausola di coscienza (secondo l’articolo 22 del Codice di deontologia medica: “Il medico non può rifiutarsi di rilasciare direttamente al cittadino certificati relativi al suo stato di salute. Il medico, nel redigere certificazioni, deve valutare e attestare soltanto dati clinici che abbia direttamente constatato”), né il rifiuto d'opera professionale (ai sensi dell’art. 19 del codice deontologico) che permette al medico di rifiutare la propria opera, quando gli vengano richieste “prestazioni che contrastino con la sua coscienza o con il suo convincimento clinico”, a meno che questo comportamento non sia di grave e immediato danno per la salute della persona assistita.
Da più parti si è sollevata la voce di professionisti e politici sull’illegittimità morale e giuridica di tale indicazione, che tra l’altro proviene non da un medico ma da un dirigente laureato in scienze politiche, ponendo così dei seri interrogativi, come per esempio: che fine fa la deontologia della professione medica? Ma in questo modo si pensa di tutelare meglio il paziente?
Inoltre sorgono non poche contraddizioni proprio con la normativa vigente; difatti essendo la pillola del giorno dopo un farmaco che per ammissione stessa dell’azienda produttrice ha quale possibile meccanismo d’azione l’impedimento dell’annidamento dell’embrione, si pone un conflitto tra tutela della vita umana e la salute della donna, che sta alla base della legge sull’aborto.
Per di più la ratio degli articoli di legge che riconoscono l’obiezione di coscienza medica non può che essere la difesa del diritto riconosciuto ad ogni persona esercente un’attività sanitaria a non mettere in atto procedure ritenute lesive della dignità e della integrità del concepito.
Non si tratta allora solo di ragionare sul sacrosanto diritto di obiezione di coscienza che concede al medico di non accedere a richieste del paziente in contrasto con i principi di scienza e coscienza allo scopo di compiacerlo ma anche sull’effettiva salvaguardia della vita umana, troppo spesso interpretata sulla base di errate ideologie che antepongono alla realtà concetti malsani di libertà. Come si potrebbe infatti definire di “grave ed immediato pericolo” una condizione che nei pronto soccorso di tutta la nazione è inclusa nei codici bianchi, cioè nelle prestazioni a più bassa priorità d’intervento? Sono forse i medici italiani tutti impazziti da non sapere riconoscere un’emergenza?
Il parere della scienza
La pillola Norlevo e il suo evidente contrasto con la legge
L'obiezione di coscienza del medico