Ecco chi è Giovanni Francesco (Hanik Franciszek) Macha, proclamato beato lo scorso 20 novembre a Katowice, in Polonia.
Giovanni nasce il 18 gennaio 1914, a Chorzów. La sua è una famiglia semplice e piena di amore e fede, capace di insegnargli l’empatia e l’amore per il prossimo.
Entrato in seminario, viene ordinato sacerdote per la diocesi di Katowice il 25 giugno 1939. Di lì a poco fonda l’associazione caritativa di nome “Konvalia” (mughetto), per portare conforto morale e materiale a tutte le persone vittime della guerra per lutto, fame o povertà. Giovanni non bada alle nazionalità, al livello sociale o alla fede di chi aiutava, per lui erano tutti segno di Cristo in terra.“Egli comprese – ha affermato il cardinale Marcello Semeraro nell’omelia della celebrazione di beatificazione – che solo la fede e la carità permettono di riconoscere ad ogni persona, creata a immagine e somiglianza di Dio, la propria irrinunciabile dignità”.
È un sacerdote instancabile: dà sostegno a chi ne ha bisogno, prega costantemente, in segreto benedice le nozze in lingua polacca, insegna il catechismo, celebra messe e porta conforto con la Parola di Dio.
Ma tutto questo zelo, questo amore impareggiabile e gratuito per gli altri, ai nazisti non piace. Così, il 5 settembre 1941, viene arrestato. Seguono mesi di prigionia e di torture nel tentativo di fargli rinnegare la fede. Lui non solo resiste, ma addirittura trova la forza di rincuorare i compagni di prigionia e di pregare, chiedendo a Dio di perdonare i carnefici. L’atto di accusa viene rilasciato il 14 febbraio 1942 e il 17 luglio del 1942 arriva la sentenza di morte per decapitazione… condannato da un sistema pieno di odio verso chi semina il bene, costretto a morire per troppo amore, proprio come Gesù. “Non si sentì mai abbandonato – ricorda il cardinale – morì per portare frutto, perché la vita di Gesù si manifestasse nel suo corpo mortale”.
Durante i mesi di prigionia e fino a poche ore prima della morte, invia brevi lettere alla sua adorata famiglia. Parole semplici, ma che testimoniano la sua incrollabile fede in Dio.
“Cari genitori! – scrive il 21 luglio 1942 – Sia lodato Gesù Cristo! Sono condannato a morte. Prima di tutto, voglio ringraziarvi di tutti i grandi sacrifici che avete vissuto per me. Possa il Signore ricompensarvi per questo. Quanto è difficile dire addio alla vita, ma se questa è la volontà di Dio, allora lo accetto…”
Poi il 10 agosto dello stesso anno: “Cari genitori! Sia lodato Gesù Cristo! Grazie per i vostri saluti, per le preghiere che mi avete offerto. Oh, quanto sono felice di confessarmi e ricevere la Santa Comunione. Il mio amato Salvatore è il mio unico Consolatore e la mia Vita”.
E infine il 2 dicembre del 1942, il giorno prima della morte: “Cari genitori e fratelli, sia lodato Gesù Cristo! Questa è la mia ultima lettera, tra 4 ore sarà eseguita la mia sentenza capitale. Quando riceverete e leggerete questa lettera, io non sarò più tra i viventi. Vi lascio con Dio. […] Perdonatemi di tutto! Tra breve starò dinanzi al Giudice Onnipotente e allora egli mi giudicherà. Spero che mi accoglierà presso di sé. Muoio con la coscienza pulita. Sono vissuto poco ma credo di aver raggiunto lo scopo della mia vita. Avrei desiderato lavorare ancora per Lui, ma non mi è stata data questa opportunità. Non vi disperate: tutto andrà bene.Senza un albero, il bosco rimarrà lo stesso bosco, senza una rondine arriverà ugualmente la primavera, senza un uomo non cascherà il mondo […] Vi ringrazio di tutto! Prendete le mie cose di qui. Non mi resta più molto tempo. Arrivederci là dove è l’Altissimo! Desidererei che al cimitero fosse posta una lapide col mio nome, cosicché coloro che si fermano possano dire una preghiera per il riposo della mia anima. Pregate per il vostro Hanik”.
“In una società divisa, dove individualismo ed egoismo sembrano affermarsi sempre di più per la mancanza di relazioni autentiche e rapporti sinceri – afferma il cardinal Semeraro – il nostro Beato ci ricorda che Cristo ci giudicherà per l’amore e per il bene che abbiamo compiuto. Nel solco del suo martirio ha seminato, come seme fecondo, la forza di questa verità, che ancora oggi permane e porta frutto. Dice ancora Sant’Agostino: «Chi compie per Cristo non solamente opere di misericordia corporali, ma qualsiasi opera buona, egli è servo di Cristo, specie se giungerà fino a quella grande opera di carità che consiste nell’offrire la propria vita per i fratelli, che equivale a offrirla per Cristo»”.
Ringraziamo il Signore per il prezioso dono del beato Giovanni Francesco Macha. Preghiamo affinché la sua breve vita sia per noi di esempio, ci porti a non voltarci da un’altra parte quando incontriamo chi ha bisogno, ci spinga a portare Cristo nel mondo e a testimoniare con la nostra vita la bellezza, la convenienza e la pienezza di un’esistenza segnata dall’incontro con Gesù.
Beato Giovanni Francesco Macha, prega per noi!