da Nel Frammento anno IX numero 2/2011
La misericordia divina nell’anima di Suor Faustina Kowalska
Il 25 Agosto del 1905 niente faceva pensare che sarebbe nata, in un paesino sconosciuto della Polonia, una creatura scelta da Dio per far conoscere ad ogni uomo i tesori immensi della sua Misericordia: Suor Maria Faustina Kowalska, conosciuta oggi come colei attraverso la quale il Signore Gesù ha voluto promuovere nel mondo e per il mondo il culto della Divina Misericordia.
“È davvero grande la mia gioia nel proporre a tutta la Chiesa, quasi dono di Dio per il nostro tempo, la vita e la testimonianza di Suor Faustina Kowalska” affermava il Santo Padre Giovanni Paolo II il 30 Aprile del 2000 proclamandola santa e istituendo la festa della Divina Misericordia nella seconda Domenica di Pasqua.
Suor Faustina nasce da un’umile famiglia polacca e riceve il nome di Elena; terza di dieci figli, già all’età di sette anni riconosce di essere chiamata dal Signore a consacrarsi a Lui, come lei stessa scrive nel suo Diario. A questa chiamata Suor Faustina risponderà, non senza incontrare delle difficoltà a partire dai suoi genitori che le rifiutarono per ben due volte il permesso di recarsi in convento. Ma alla vigilia della festa della Madonna degli Angeli, il 1° Agosto del 1925, Elena, dopo aver bussato a vari conventi ed essere stata respinta, varcò la porta del convento della Congregazione delle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia.
“Da oggi in poi ti chiamerai suor Faustina” furono le parole rivolte alla postulante Elena Kowalska, il 30 Aprile del 1926 dal sacerdote che presiedette alla sua vestizione, durante la quale suor Faustina svenne due volte perché Gesù le fece conoscere quanto avrebbe sofferto. Questa sofferenza già si manifesterà verso la fine del primo anno di noviziato quando nella sua vita cominciò un periodo di esperienze spirituali molto dolorose definite come “notti passive” in cui, scrive suor Faustina, “cominciò a farsi scuro nella mia anima…”, ma che costituirono per lei un momento di totale affidamento filiale a Dio, perché, anche se sperimentò la sensazione di essere rifiutata da Lui, non dubitò mai della Sua bontà e della Sua Misericordia e parafrasando le parole di Giobbe scriveva “Anche se mi uccidessi, io confiderò in Te”.
In quelle notti buie c’erano però momenti di luce e di gioia, soprattutto quando Dio le faceva sentire il Suo amore o quando le veniva in soccorso la Madonna.
Tra il 1929 e il 1930 suor Faustina lavorò in diverse case della Congregazione finché arrivò nella casa di Plock dove cominciò la sua grande missione profetica: Gesù le ordinò di dipingere l’immagine della Sua Divina Misericordia dicendole “…Le fiamme della Misericordia Mi divorano; voglio riversarle sulle anime degli uomini”. Ricevuta la visione, suor Faustina chiese a Gesù le grazie necessarie per poter compiere la sua volontà poiché lei non sapeva dipingere e non aveva un direttore spirituale che la confermasse in ciò in cui Gesù la chiamava.
Presi i voti perpetui a Cracovia il 1° Maggio del 1933, partì per Wilno, ma prima si fermò nel santuario di Czestochowa, dove, affidandosi completamente alla Madonna, rimase immersa nella contemplazione sei ore senza rendersi conto.
A Wilno avviene l’incontro con padre Sopocko che diventerà il suo direttore spirituale e che l’aiuterà a realizzare l’immagine della Divina Misericordia, trovando il pittore Eugenio Kazimiroski che faceva tutto il possibile per accontentare suor Faustina. Durante l’omelia tenuta da padre Sopocko nel giorno in cui fu esposta per la prima volta l’immagine della Divina Misericordia, suor Faustina vide Gesù dell’immagine assumere la forma vera e i raggi penetrare i cuori delle persone presenti alla festa, rendendole felici. Il Signore in quell’occasione disse a suor Faustina: “Tu sei testimone della Mia Misericordia. Starai per i secoli davanti al Mio trono come viva testimone della Mia Misericordia”.
La vita di Suor Faustina non era diversa da quella delle altre consorelle ma sotto quella semplice quotidianità scandita dalla regola del suo ordine, viveva una tale familiarità con Gesù che raggiunse le vette più alte del misticismo. Ella comprese che l’unione con Dio e la Sua conoscenza sono il fine principale della vita nella quale tutto la portava a scoprire la mano amorosa del Suo Signore. Essere con Dio nella propria anima le permetteva di vivere ogni momento della sua esistenza con, in e per Gesù che fu per lei gioia, pace, felicità, forza, luce nelle lotte quotidiane, nell’oscurità e nella croce.
Gesù le insegnò a unire i digiuni, le preghiere, i lavori, le mortificazioni, le sofferenze al Suo digiuno, alla Sua preghiera, al Suo lavoro, alla Sua mortificazione, alla Sua sofferenza perché tutto acquistasse potenza davanti al Padre celeste. Il grande desiderio della conoscenza di Dio fu rafforzato dal dono della contemplazione infusa grazie alla quale suor Faustina poté penetrare il mistero della Misericordia divina per poi farla conoscere al mondo. Gesù le diceva: “Penetra i Miei misteri, conoscerai l’abisso della Mia Misericordia verso le creature e la Mia bontà insondabile e la farai conoscere al mondo”.
La conoscenza e l’intima familiarità con Dio, anche nei momenti più bui le faceva ripetere con filiale fiducia “Gesù è buono e pieno di Misericordia e anche se la terra si aprisse sotto i miei piedi, non cesserò di aver fiducia in Lui”: il mistero dell’amore misericordioso di Dio permeava tutta la sua esistenza e la trasformava giorno per giorno non solo in riferimento a Dio ma anche agli uomini perché, attratta da quest’Amore, desiderava ardentemente trasformarsi nella misericordia ed essere il suo riflesso “O mio Gesù, […] io desidero rispecchiare il Tuo Cuore compassionevole e pieno di Misericordia e voglio glorificarlo. La Tua Misericordia, o Gesù, sia impressa sul mio cuore e sulla mia anima come un sigillo e ciò sarà il mio segno distintivo in questa e nell’altra vita”.
Lei per trasformare tutta la sua vita in Misericordia attingeva forza dall’Eucarestia quotidiana e diceva: “Gli angeli, se potessero provare invidia ci invidierebbero due cose: la prima, il fatto che possiamo ricevere la santa Comunione; la seconda, le sofferenze”.
Nell’agosto del 1934 le fu diagnosticata una tubercolosi polmonare ad uno stadio avanzato e nel 1936 per la prima volta fu ricoverata nel sanatorio di Cracovia dove rimase quattro mesi e dove cominciò il suo ministero verso i moribondi presso i quali, anche grazie al dono della bilocazione, recitava la Coroncina della Divina Misericordia secondo quanto le aveva detto Gesù: “Nell’ora della morte difenderò come Mia gloria ogni anima che reciterà questa coroncina, oppure altri la reciteranno vicino ad un agonizzante, e otterranno per l’agonizzante lo stesso perdono. Quando vicino ad un agonizzante viene recitata questa coroncina, si placa l’ira di Dio e l’imperscrutabile Misericordia avvolge l’anima e si commuovono le viscere della Mia Misericordia per la dolorosa Passione di Mio Figlio”.
All’inizio del 1938 si ebbe un peggioramento della salute di suor Faustina finché, tornata dall’ultimo ricovero in ospedale, il 5 ottobre, nel convento di Lagiewniki, ricevuto il sacramento dei malati e l’assoluzione, verso le ventitré, raggiunse la pienezza dell’unione con Dio, lasciando a noi viventi sulla terra una promessa: “Non mi dimenticherò di te, povera terra, sebbene senta che mi immergerò immediatamente tutta in Dio, come in un oceano di felicità, ma ciò non mi potrà impedire di tornare sulla terra a dare coraggio alle anime e ad esortarle alla fiducia nella Divina Misericordia. Anzi quell’immersione in Dio mi darà una possibilità d’azione illimitata”.
Guardando il volto di suor Faustina e meditando sulla sua vita, il cuore non può non incontrare una donna così intimamente segnata dall’Amore Vero, dall’Unico Amore che solo rende, trasforma la vita in un capolavoro di Bellezza, di Bontà, di Pienezza, di Gioia, di Compassione, sì, di Misericordia, quella Misericordia senza la quale l’uomo si ritroverebbe schiacciato dal suo limite, dal suo peccato e soprattutto si ritroverebbe a non riconoscersi più creatura, a non riconoscersi generato, amato, voluto dal Padre buono che dice in ogni momento a ciascun uomo: “Ti ho amato di amore eterno, per questo ti conservo ancora pietà”.
Chiediamo a suor Faustina con Giovanni Paolo II: “E tu, Faustina, dono di Dio al nostro tempo, dono della terra di Polonia a tutta la Chiesa, ottienici di percepire la profondità della Divina Misericordia, aiutaci a farne esperienza viva e a testimoniarla ai fratelli. Il tuo messaggio di luce e di speranza si diffonda in tutto il mondo, spinga alla conversione i peccatori, sopisca le rivalità e gli odi, apra gli uomini e le nazioni alla pratica della fraternità. Noi oggi, fissando lo sguardo con te sul volto di Cristo risorto, facciamo nostra la tua preghiera di fiducioso abbandono e diciamo con ferma speranza: Gesù, confido in Te! ”.
La festa della Divina Misericordia
La sera del 22 febbraio 1931, suor Faustina ebbe una visione del Signore Gesù nella sua cella del convento di Plock in Polonia, e così la descrisse in una pagina del Diario: “Vidi il Signore Gesù vestito di una veste bianca: una mano alzata per benedire, mentre l’altra toccava sul petto la veste, che ivi leggermente scostata lasciava uscire due grandi raggi, rosso l’uno e l’altro pallido [...] Dopo un istante Gesù mi disse: «Dipingi un’immagine secondo il modello che vedi, con sotto scritto: Gesù confido in te! Desidero che questa immagine venga venerata prima nella vostra cappella, e poi nel mondo intero. Prometto che l’anima, che venererà quest’immagine, non perirà. Prometto pure già su questa terra, ma in particolare nell’ora della morte, la vittoria sui nemici. Io stesso la difenderò come Mia propria gloria. Io desidero che vi sia una festa della Misericordia. Voglio che l’immagine, che dipingerai con il pennello, venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua; questa domenica deve essere la festa della Misericordia»”. Una volta, inoltre, mentre era raccolta in preghiera, suor Faustina udì interiormente queste parole di Gesù: “Il Mio sguardo da quest’immagine è tale e quale il Mio sguardo sulla croce [...] I due raggi rappresentano il Sangue e l’Acqua. Il raggio pallido rappresenta l’Acqua che giustifica le anime; il raggio rosso rappresenta il Sangue che è la vita delle anime [...] Entrambi i raggi uscirono dall’intimo della mia Misericordia, quando sulla croce il Mio Cuore, già in agonia, venne squarciato con la lancia”. L’immagine della Divina Misericordia fu esposta secondo le intenzioni di Gesù la domenica in Albis del 1935 nel luogo più significativo di Wilno, il santuario della Madonna di Ostra Brama. Il Santo Padre Giovanni Paolo II, il 22 aprile 2001, ha ufficializzato la festa della Divina Misericordia nella “domenica in Albis” (non a caso la cerimonia di beatificazione del Venerabile Giovanni Paolo II avverrà a piazza San Pietro domenica 1° maggio che quest’anno coincide con la prima domenica dopo Pasqua esattamente come la sua morte avvenne dopo i primi vespri della festa della Divina Misericordia). La scelta di tale domenica come festa della Divina Misericordia ha un profondo significato teologico espresso nella liturgia di questa domenica stessa in cui la Chiesa proclama il Vangelo secondo San Giovanni che descrive l’apparizione di Gesù risorto nel Cenacolo in cui Cristo si dimostra nella storia in tutto il Suo essere Misericordia. Gesù Cristo nel doloroso percorso della Via crucis, nella Sua crocifissione, nella Sua carne squarciata fino alla morte diventa il documento inaudito dell’Essere stesso di Dio: Amore, solo Amore, Misericordia la cui etimologia latina significa “amore alla mia miseria”. Sì, attraverso la Sua passione e morte in croce, Cristo assume tutta la miseria umana che si arroga presuntuosamente di abbattere il suo inaccettabile limite. E noi, che cosa possiamo offrirti o Dio? Che cosa possiamo donarti in cambio? Un bellissimo canto liturgico intitolato “Offertorio” così ci fa cantare e pregare: “Stasera sono a mani vuote o Dio, niente ti posso regalare o Dio; solo l’amarezza e il mio peccato o Dio”. Non sono le mani vuote della nostra miseria, ma sono le mani vuote di chi si riconosce creatura, di chi si riconosce costantemente fame e sete del Suo Creatore. Da questa coscienza scaturisce prima la speranza, poi la certezza del perdono di Dio. Solo se ci si sente perdonati ci si può alzare al mattino e coricarsi la sera; si può riprendere, felici, il cammino nella vita. Ecco perché pregare la Coroncina della Divina Misericordia, non per un fatto devozionale ma per l’espiazione dei nostri peccati e di quelli di tutto il mondo, per rispondere al male ricevuto con il Bene, certi che la Carità di Cristo ha già vinto su ogni abominio. Quindi, alla fine, non si può che invocare l’Eterno Padre: il Santo, il Forte, l’Immortale affinché abbia pietà di noi e del mondo intero.