“Ieri sono stato ad Assisi per firmare la nuova Enciclica «Fratelli tutti» sulla fraternità e l’amicizia sociale. L’ho offerta a Dio sulla tomba di San Francesco, dal quale ho tratto ispirazione, come per la precedente «Laudato si’». I segni dei tempi mostrano chiaramente che la fraternità umana e la cura del creato formano l’unica via verso lo sviluppo integrale e la pace, già indicata dai Santi Papi Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II”. Sono state queste le parole di Papa Francesco all’Angelus di domenica 4 ottobre per presentare la sua nuova enciclica. “«Fratelli tutti», scriveva San Francesco d’Assisi per rivolgersi a tutti i fratelli e le sorelle e proporre loro una forma di vita dal sapore di Vangelo” è l’incipit di questo Documento strutturato in 8 capitoli e scritto dal Papa mentre “ha fatto irruzione in maniera inattesa la pandemia del Covid-19, che ha messo in luce le nostre false sicurezze”. “Al di là delle varie risposte che hanno dato i diversi Paesi, è apparsa evidente l'incapacità di agire insieme”. “Il titolo stesso dell’Enciclica esprime un chiaro desiderio di rivolgersi a tutti come fratelli e sorelle - ha affermato il Card. Miguel Ángel Ayuso Guixotnella alla Conferenza stampa di presentazione-. Si tratta di una realtà esistenziale che Papa Francesco, in modo del tutto pacifico, dà per scontato: siamo tutti fratelli, nessuno è escluso! La via del dialogo tra persone di diverse tradizioni religiose non inizia certo oggi, ma fa parte della missione originaria della Chiesa e affonda le sue radici nel Concilio Vaticano II. Papa Francesco, ravvisando nel rispetto e nell’amicizia due atteggiamenti fondamentali, ha aperto un’ulteriore porta affinché l’ossigeno della fraternità possa entrare in circolo nel dialogo tra persone di diversa tradizione religiosa, tra credenti e non credenti, e con tutte le persone di buona volontà”. Alla Conferenza stampa è intervenuta anche la Prof.ssa Anna Rowlands, docente di Chatolic Social Thought and Practice all’Università di Durham, che ha affermato: “Papa Francesco ci chiede di osservare il mondo al modo del Samaritano, in maniera tale da riuscire a scorgere l’originario ed indispensabile legame tra tutte le cose e le persone, vicine e lontane. Nella semplicità del suo appello, Fratelli tutti si pone come una sconvolgente sfida al nostro stile di vita ecologico, politico, economico e sociale. Ma è, innanzitutto, la proclamazione di una verità ineliminabile e gioiosa, presentata qui come sorgente benefica per un mondo affaticato. Questa lettera non rappresenta una critica fredda e distaccata. Piuttosto, la sua disciplina spirituale indica in modo chiaro un compito umanizzante: essere veramente uomini significa mostrarsi disposti a guardare il mondo nella sua bellezza e nel suo dolore, a prestare un profondo ascolto, attraverso l’incontro con l’altro, alle sofferenze e alle gioie della propria epoca e ad assumerle su di sé, facendosene carico come fossero proprie. L’idea che ogni creatura abbia origine in Dio Padre e che in Cristo siamo divenuti fratelli e sorelle, legati nella dignità, nella cura e nell’amicizia, costituisce uno dei più antichi insegnamenti sociali della Cristianità. Infatti, gli appellativi che ricorrono in questa lettera e che sono a fondamento della riflessione stessa di Francesco, riecheggiano abbondantemente le Scritture: fratelli, sorelle, prossimi, amici. I primi Cristiani plasmarono la loro concezione del denaro, della comunità e della politica su questa visione. Che un tema così antico venga ora riproposto con tale urgenza è dovuto al timore di Papa Francesco che possa creare una frattura dall’idea che siamo realmente responsabili per gli altri, tutti legati tra noi, tutti aventi diritto ad una equa condivisione di quanto è stato dato a beneficio di tutti. Credere tutto ciò non è una fantasia di cui farsi beffe. Il Papa scrive con dolore riguardo al cinismo e all’impoverimento culturale che limitano la nostra immaginazione sociale. Non è un’assurdità riconoscere l’affinità al di là delle divisioni, il desiderare culture in cui i legami sociali siano rispettati e l’incontro e il dialogo praticati”. L’enciclica si conclude con due preghiere, una preghiera al Creatore, e una preghiera cristiana ecumenica che seguono queste ultime parole scritte dal Papa: “In questo spazio di riflessione sulla fraternità universale, mi sono sentito motivato specialmente da San Francesco d’Assisi, e anche da altri fratelli che non sono cattolici: Martin Luther King, Desmond Tutu, il Mahatma Gandhi e molti altri. Ma voglio concludere ricordando un’altra persona di profonda fede, la quale, a partire dalla sua intensa esperienza di Dio, ha compiuto un cammino di trasformazione fino a sentirsi fratello di tutti. Mi riferisco al Beato Charles de Foucauld. Egli andò orientando il suo ideale di una dedizione totale a Dio verso un’identificazione con gli ultimi, abbandonati nel profondo del deserto africano. In quel contesto esprimeva la sua aspirazione a sentire qualunque essere umano come un fratello, e chiedeva a un amico: «Pregate Iddio affinché io sia davvero il fratello di tutte le anime di questo paese». Voleva essere, in definitiva, «il fratello universale». Ma solo identificandosi con gli ultimi arrivò ad essere fratello di tutti. Che Dio ispiri questo ideale in ognuno di noi. Amen”.