VIDEO DELL'INCONTRO TENUTO DA BARBARA BRACONI
LA PORTINAIA DI DIO
Madre Speranza, ancella dell’Amore Misericordioso
di Barbara Braconi
da Nel Frammento anno XXI n1/2023
Una donna sorridente con due grandi pagnotte di pane sotto le braccia è la prima immagine di Madre Speranza che ho incontrato. Fu Nicolino a donarmela, dopo un pellegrinaggio a Collevalenza. Quella con lei è un’amicizia che sta crescendo. Per come la sto conoscendo credo che quella foto racchiuda davvero molto della sua storia e del suo carisma.
Cenni biografici
Di origine spagnola, Maria Josefa Alhama Valera nacque a Santomera, il 30 settembre 1893. Primogenita di nove fratelli, a sette anni venne affidata alle sorelle nubili del parroco del paese dai genitori - poveri braccianti agricoli che lavoravano a giornata e vivevano in un’umilissima casa in affitto. In canonica imparò a leggere e a scrivere e ricevette una buona istruzione. All’età di ventuno anni entrò nell’ordine delle Figlie del Calvario e le fu profeticamente imposto il nome di Speranza. Considerandosi sempre un umile strumento di lavoro nelle mani del Signore, viveva in semi-clausura con una decina di anziane consorelle, conducendo una vita molto austera e dedicandosi all’educazione di una quarantina di bambine povere. Dopo sette anni, nel 1921, la comunità fu unita a quella delle Missionarie Claretiane a Madrid. Qui Madre Speranza vivrà nove anni, fino al 1930, prima di fondare la congregazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso, come Gesù le indicò. Per molti anni soffrì tante incomprensioni da parte dei Vescovi e delle sue stesse Madri e consorelle. Vittima di diffamazioni e false accuse, subì molte ingiustizie all’interno della Chiesa ma sempre si mostrò obbediente e scaltra, innamorata di Gesù e del Suo Corpo, vivendo tutto come occasione propizia per la sua santificazione e attendendo che il Signore ricavasse sempre il bene dal male e appianasse ogni difficoltà. Dal 1940 si trasferì a Roma dove visse e operò per undici anni. A Collevalenza, in provincia di Perugia, arrivò nel 1951 e qui restò fino alla sua morte, edificando il santuario e vedendo la crescita e la diffusione della congregazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso, la nascita della congregazione maschile da lei fondata e lo sviluppo della sua opera nata in mezzo alle tragedie della guerra civile spagnola prima e della seconda guerra mondiale poi; soleva dire: “Più grande è la nostra miseria più Dio moltiplica la sua misericordia”. Madre Speranza morì l’8 febbraio 1983 e fu beatificata a Collevalenza il 31 maggio 2014.
Le esperienze mistiche
Sin da piccola Madre Speranza visse una grande familiarità con Gesù e si ritrovò il dono di alcune esperienze particolari, di cui parlava pochissimo e che scrisse per obbedienza al padre spirituale.
Un giorno dei pellegrini francesi portarono a Collevalenza una statua di santa Teresina di Lisieux. Madre Speranza disse a padre Arsenio Ambrogi, uno dei primi Figli dell’Amore Misericordioso: “Io questa la conosco!”. Lui fece mentalmente un calcolo e si rese conto che era impossibile che si fossero incontrate, perché santa Teresina era morta prima della nascita di Madre Speranza. Lei gli spiegò che, quando aveva dodici anni, un giorno sentì bussare alla porta e aprendo vide una suora che le disse: “Sono venuta a riferirti da parte del buon Dio che tu dovrai continuare l’opera che io ho iniziato”. Tempo dopo, regalarono a Madre Speranza un santino di Teresina e lei la riconobbe. Negli anni capì che Gesù le chiedeva di far conoscere il suo Amore Misericordioso continuando la piccola via di santa Teresa di Gesù Bambino.
Nel suo diario, Madre Speranza descrive le esperienze mistiche di dialoghi intimi con Gesù e delle sue apparizioni dicendo: “Mi sono ‹‹distratta››, ossia ho trascorso parte della notte fuori di me e molto unita al buon Gesù. Lui mi diceva che devo riuscire a farlo conoscere agli uomini non come un Padre offeso dalle ingratitudini dei suoi figli, ma come un Padre amorevole, che cerca in ogni maniera di confortare, aiutare e rendere felici i suoi figli e li segue e cerca con amore instancabile, come se non potesse essere felice senza di loro”.
Molte volte le accadeva l’esperienza della bilocazione. Una delle più note fu la notte in cui il Signore le permise di trovarsi a Pasto, in Colombia, mentre lei era a Madrid. Il Vescovo di Pasto era stato in viaggio in Spagna e aveva desiderio di consegnare personalmente un’offerta a Madre Speranza per le sue opere. Un imprevisto però non glielo permise. Poco tempo dopo, il Signore la fece ritrovare nella camera del Vescovo e le chiese di dirgli che doveva sistemare una certa situazione che lui sapeva, perché due giorni dopo sarebbe morto. Ed accadde proprio così.
Tantissimi erano gli aspetti della vita di Madre Speranza che sfuggivano alla normalità dell’ordine naturale. Lei non voleva però essere conosciuta per questo. Viveva questi doni come tali e nella confidenza in Gesù a cui anche il mare e i venti obbedivano, come racconta il Vangelo. Lei non amava fermarsi a questi segni, lei amava e seguiva Chi permetteva questa segni. La sua riservatezza favoriva che le persone non si attaccassero alla straordinarietà dei fenomeni, ma conoscessero Gesù.
La carità di Madre Speranza
Madre Speranza si è sempre particolarmente coinvolta nell’accoglienza dei poveri. La Madre Superiora la rimproverava spesso perché esauriva le scorte della dispensa. Moltissime volte accadde di trovare sacchi di farina, barili di olio e carne nel magazzino quando l’attimo prima tutto era finito. Gesù la invitava sempre a confidare in Lui e le diceva che nulla le sarebbe mai mancato obbedendo a Lui.
Memorabile fu un pranzo di Natale organizzato da Madre Speranza a Madrid per oltre quattrocento poveri. Un’associazione di ricche nobildonne della città aveva messo a disposizione delle suore un’antica e lussuosa villa. Negli ampli saloni fu servito il pranzo ad oltre quattrocento persone raccolte per la strada e il cibo bastò per tutti. Quando le nobildonne si accorsero di ciò che era stato fatto, rimproverarono Madre Speranza per aver accolto in un luogo così bello persone sporche e con vestiti logori. Lei rispose che era Natale e che proprio dei poveri pastori erano stati i primi a ricevere l’annuncio della nascita del Salvatore nella notte di Betlemme. Disse loro che se non poteva ospitare i poveri allora non avrebbe più messo piede in quella casa.
I bambini di Villena, in Spagna, accolti, nutriti, cresciuti e istruiti da Madre Speranza hanno sempre testimoniato di essersi sentiti guardati da lei come se fossero unici, come se fossero tutti il suo preferito, la sua preferita. Riusciva a far sentire ciascuno personalmente amato, seppur fossero tanti.
Una delle reliquie di Madre Speranza, conservata a Collevalenza, è una sottana mal tagliata, simbolo del suo amore per chiunque il Signore le facesse incontrare. Un giorno del 1955, stava viaggiando in auto con padre Alfredo Di Penta, il primo Figlio dell’Amore Misericordioso. All’altezza di Ferrara incontrarono un incidente. Un grande camion rimorchio aveva riversato sulla strada delle bombole colpendo un motociclista che si era gravemente ferito ad una gamba e perdeva molto sangue. Madre Speranza corse in una casa vicina e chiese un lenzuolo ma le dissero che non l’avevano. Allora domandò almeno un paio di forbici, si sollevò l’abito religioso e tagliò la sua sottana. Stringendola stoffa attorno alla gamba del ferito, riuscì a contenere l’emorragia. Caricato in macchina il motociclista, padre Arsenio e Madre Speranza lo accompagnarono all’ospedale più vicino. Durante il tragitto lui continuava a bestemmiare mentre lei, senza dire nulla, lo accarezzava e pregava chiedendo che si riconoscesse amato da Dio, che non si ferma al nostro rifiuto né ci abbandona nel peccato. Quel ragazzo le raccontò poi che stava andando in comune a ritirare i documenti per il matrimonio e le rimase sempre legato. Sulla parte della sottoveste conservata è visibile il numero uno, ricamato da Madre Speranza su tutti i suoi indumenti, perché lei era la prima Ancella dell’Amore Misericordioso, un piccolo crocifisso e il nome di Gesù. Tutte le sue cose erano così personalizzate con un ricamo che lei stessa realizzava.
Il suo servizio al santuario dell’Amore Misericordioso
Madre Speranza portava nel cuore il desiderio dell’edificazione del santuario dell’Amore Misericordioso sin da quando aveva fatto scolpire il Crocifisso a Madrid nel 1930-31. Nel periodo romano crebbe la sua consapevolezza della missione che Gesù le affidava di far conoscere l’Amore Misericordioso di Dio. Arrivata a Collevalenza, Madre Speranza cominciò subito a parlare agli abitanti di un santuario che avrebbe fatto costruire nei pressi di un boschetto che chiamavano “il roccolo”, dove veniva praticata la caccia agli uccelli con apposite reti e richiami. Lei diceva che sarebbe diventato il luogo dove il Signore avrebbe conquistato tante anime con la rete della Misericordia. Iniziò così il lavoro di Madre Speranza e di tutta la sua famiglia religiosa per l’edificazione del santuario e degli edifici annessi dal 1953 al 1973. La sua strategia fu sempre quella di fare tutto ciò che era nelle sue possibilità, lasciando il resto alla Divina Provvidenza.
Madre Speranza si occupava personalmente ogni giorno dell’accoglienza di tutti i pellegrini e per questo amava definirsi “la portinaia di Dio”. Mattina e pomeriggio ascoltava le confidenze di chi giungeva al santuario e a tutti faceva sentire una profonda accoglienza con il desiderio di avvicinarli a Dio, Padre pieno di bontà e misericordia. Finito l’incontro con i pellegrini, riuniva le suore e le animava a pregare per tutte le necessità delle persone che aveva ricevuto. Di notte, verso l’una e mezza, le vicine di stanza la sentivano uscire. Andava in cappella e pregava per i pellegrini che aveva incontrato di giorno, nominandoli ad uno ad uno. In genere restava in preghiera almeno un paio di ore nel cuore della notte, per poi risalire in camera poco prima dell’appuntamento per il Mattutino.
Un ultimo cenno al modo in cui sapeva lasciar trasparire l’amore paterno e materno di Dio è che volle fossero riscaldate le acque delle piscine dove i pellegrini possono immergersi per chiedere la grazia della conversione e della guarigione. Per lei era importante che vivendo questo gesto ognuno sentisse il calore dell’abbraccio di Dio. Collevalenza è chiamata anche la piccola Lourdes italiana per il pozzo e l’acqua che Gesù fece trovare a Madre Speranza indicando addirittura col suo piede dove avrebbe dovuto far scavare. Tante sono le guarigione avvenute bagnandosi con fede con l’acqua del pozzo e ancora più numerose le conversioni.
L’offerta continua di sé
Madre Speranza offriva tantissimo per le anime del purgatorio, per i sacerdoti, per i figli e le figlie dell’Amore Misericordioso e per il mondo intero. Faceva celebrare incessantemente Messe per i defunti e segnava tutti i loro nomi in foglietti che conservava e controllava con cura per non dimenticare nessuno. Tra le sue reliquie vi è un cuscino macchiato di sangue. Una sera una Madre Speranza chiese a una delle sue figlie: “Quando ti tagli i capelli?”. La suora li stava facendo nascostamente crescere sotto il velo perché aveva deciso di lasciare la vita religiosa. A quella domanda corse in cappella e vi trascorse tutta la notte in preghiera, poi al mattino si tagliò i capelli. Bussando alla porta di Madre Speranza per comunicarle quanto aveva vissuto, vide il suo cuscino macchiato di sangue. Allora Madre Speranza le disse: “Io questo sudore di sangue l’ho sofferto e offerto per te”. A tutti amava ripetere: “La scienza dell’amore si apprende nel dolore, tanto più si soffre per amore, tanto più si ama. Ringrazio il Signore perché mi ha dato un cuore per amare e un corpo per soffrire”.
Il 7 maggio prossimo vivremo un pellegrinaggio a Collevalenza e sarà l’occasione per approfondire l’amicizia con questa donna che in modo tutto particolare incarna anche il cuore del carisma di Fides Vita. Al Convegno del 2020 Nicolino ci diceva: “I santi sono coloro che hanno semplicemente vissuto e vivono la loro vita di carne nella fede del Figlio di Dio, nella prevalenza e nel predominio della presenza viva di Cristo, nell’avvenimento della sua attrattiva e del suo amore, e che si sono semplicemente offerti e messi a disposizione del Signore, sempre aperti e appesi alla sua volontà e all’iniziativa della sua grazia. Prendo, ad esempio, quello che dice la grande santa Teresina: ‹‹Quando sono caritatevole è solo Gesù che agisce in me››. Non solo è tutta qui la santità, ma è anche tutta qui l’esperienza della fede, della presenza di Gesù che dobbiamo ritrovare in noi, che deve ritrovarsi alla radice di noi stessi, dentro la vita che viviamo ora per ora nella carne”. Nessuna miglior conclusione a questo primo nostro incontro con Madre Speranza a cui chiediamo di esserci compagna di cammino e di intercedere per Nicolino e per tutto il nostro popolo.