In queste ultime settimane si è scatenato il finimondo nella multiforme piattaforma dell’informazione. Un tam-tam inarrestabile che, come un fiume in piena, ha invaso Facebook, i giornali, i telegiornali e quelle trasmissioni televisive che fagocitano, rimasticano e risputano solo notizie “bomba”, sensazionalistiche, quelle che si vendono bene, quelle che o ti rivoltano lo stomaco o ti fanno arrabbiare - a seconda della scala di valori su cui decidi di appollaiarti nel tuo breve passaggio su questa terra.
Questa volta è stato il turno del cosiddetto Blue Whale, quel terrificante gioco al massacro di cui ormai ognuno parla, che tutti conoscono e da cui i papà e le mamme di oggi sono terrorizzati. Sì, proprio com'era accaduto per l’Ebola qualche mese fa (ma non dovevamo essere tutti morti sbrindellati dalla nuova epidemia globale?!) e per la terza guerra mondiale alcune settimane or sono, con il folle nord coreano che sembrava aver già lanciato il missile atomico e l’America già schierata e pronta all’attacco nel mare antistante…
Che cosa voglio dire? Voglio dire che se ci lasciamo dominare dalla paura, se siamo sotto la pressione generata dal terrore che sta per accadere qualcosa di tremendo a noi stessi e ai nostri cari, siamo drammaticamente e tenerissimamente carne da macello, siamo come gallinelle ben rinchiuse nel nostro steccato a cui il Diabolico Contadino lancia i semini o il cibo avanzato dal giorno prima e noi lì tutti a beccare: se ce lo lancia a destra, ci spostiamo tutti a destra… se ce lo lancia a sinistra, tutti a sinistra… Se ce lo lancia un po’ più in là… beh, faremo lo sforzo di arrivarci.
Che cosa voglio dire? Che l’uomo, mai come oggi - nel mondo dell’informazione che molti definiscono “liquida”, dove basta un post per gridare “al lupo al lupo”, dove è sufficiente titolare con “shock” o “incredibile” e tutti giù a cliccare e a crederci per davvero, inchiodati ad articoli che si fondano sulle “solidissime” basi del “sembra che tizio abbia detto” o “fonti ben informate affermano che…”- questo uomo qui è in balia del grande Stratega del Potere che vuole trasformarci tutti in esseri impauriti, non pensanti e, quindi, non viventi. Che cosa voglio dire? Che se siamo oppressi e dominati dalla paura, non siamo messi nella condizione di fare un passo, siamo bloccati, pietrificati e quindi facilmente manipolabili, soggiogati da un Potere sinistro che ci rende schiavi della mentalità dominante.
Che cosa voglio dire? Che se la vita non si costruisce sulla Roccia ma la si fa poggiare sulla sabbia della propria fragilissima misura, siamo come animaletti impazziti, facilmente irritabili, buttati qua e là come foglie sotto il dominio del vento più forte, privi di radici, di solide fondamenta… Siamo sempre più bellissimi e curatissimi con i nostri addominali scolpiti e le nostre sopracciglia rifatte, tatuati e depilati dappertutto, ricostruiti nel corpo e nell’identità, siamo splendide caramelle dalla carta luccicante ma… dentro?! Domina la paura! Abbiamo tutti profondamente paura e non vogliamo in nessun modo che si veda! Una paura che abita in noi come ha drammaticamente dimostrato anche la folla dei tifosi juventini riuniti a Piazza San Carlo che è improvvisamente esplosa come una mandria impazzita al solo grido di un giovane che ha finto, “per gioco”, di essere un kamikaze. Abbiamo tutti paura di fronte al peso della voragine incolmabile che sentiamo dentro, quel vuoto che ciascuno di noi conosce bene, un terrificante rimbombare che nessuno vuole ascoltare, una ridda fremente di domande che attendono solo di essere prese sul serio e che albergano proprio al centro del nostro cuore, lì, nel nostro insopprimibile puntino rosso che pulsa sempre di infinito desiderio: “Il battito del cuore non s’avverte, non s’avverte il pulsar delle arterie, guai se si avvertisse! Ma questo ronzio, questo ticchettio perpetuo, sì, e dice che non è naturale tutta questa furia turbinosa, tutto questo guizzare e scomparire di immagini; ma che c’è sotto un meccanismo il quale pare lo insegua, stridendo precipitosamente. Si spezzerà? Ah, non bisogna fissarci l’udito, darebbe una smania di punto in punto crescente, un’esasperazione a lungo insopportabile che farebbe impazzire” (Luigi Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore).
L’uomo di oggi ha “l’evidenza nascosta” di questo cuore qui e prima o poi accade qualcosa che ti risveglia, arriva la pioggia torrenziale che si porta via la tua bella e fragilissima costruzione per la quale hai speso montagne di soldi, impiegato anni di fatica, di sudore, di selfie…e allora crolla tutto!!! Ma come può non essere così?! Se i genitori giocano a fare i teenager, se i teenager giocano a fare gli adulti, se si fa fatica sempre di più a distinguere un uomo da una donna, un giovane da un cosiddetto vecchio (esistono ancora?!): quale la certezza allora su cui fondare la vita, quale la speranza da perseguire, quale il desiderio da lasciar emergere?
Ma si può essere felici? Questa è la domanda delle domande, la più urgente di tutte, che sottende tutto e tutti e che tutto e tutti evitano… E allora sfoghiamoci pure con le analisi sociologiche, con scariche di dettagli su dettagli, tagli su tagli, schizzi di sangue che imbrattano le TV e i nostri cuori e finiscono per pesare in profondità, zavorrando gravemente il nostro passo feriale.
E così, proprio per questo anelito esistenziale apparentemente irrisolvibile, il Blue Whale trova il terreno fertile dove impiantarsi, trova gli occhi curiosi dei telespettatori incollati alla TV che, al massimo, commentano: “Hai sentito? Ma come si fa?”, proprio mentre, con la pancia piena e il rutto pronto, provano a far mangiare il bambinetto lì vicino che, però, rimane indifferente ai commenti di papà e mamma e ai loro vani tentativi, perché molto più concentrato sullo schermetto luminoso che gli è stato dato per zittirlo o per evitare che si annoi…
E così, si va avanti, si continua a vivacchiare, tra un apericena, l’ultimissimo cellulare già vecchio il giorno dopo averlo acquistato e l’ormai immancabile Spinner che qualcuno (sì, ma chi???) ha stabilito come indispensabile rimedio per lo stress (!!!) dei nostri bambini… E così, si prosegue, senza avere la consapevolezza di ciò che realmente accade intorno a noi, perché la realtà viene spesso soppiantata dalla “virtualtà”.
E allora? E allora ci si lascia bollire nella pentola in cui il Seduttore ci ha immesso senza che ce ne rendessimo neppure conto: all’inizio un filino d’acqua tiepida (dai, si sta anche bene!...) e poi sempre più calda (che bella sensazione!), e poi ancora più calda… e alla fine ci ritroviamo inconsapevolmente cotti, tronfi, sazi e deliberatamente e inevitabilmente infelici.
“Siamo in un contesto in cui «tutto cospira a tacer di noi», tutto è mobilitato e spinge a ridurre il desiderio, a schiacciarlo all’interno di deleterie parzialità, in cui la vita prima o dopo non può che ritrovarsi condannata all’ergastolo di una permanente delusione e a consumarsi lentamente, spesso molto nascostamente, in una inevitabile disperazione: non c’è modo più subdolo e più efficace per minorare e menomare un uomo - senza farlo fisicamente - della costante e permanente azione di distrazione, riduzione o narcotizzazione dell’inquietudine del suo cuore” (Nicolino Pompei, Tutti Ti cercano).
Ecco il punto!!! Siamo sotto una persistente azione di narcotizzazione dell’inquietudine del nostro cuore, di quell’insofferenza buona che ci spinge ad andare “sempre più in là” perché facciamo tutti esperienza che nulla ci basta e nulla ci riempie!!! Qualcuno ci vuole distratti, ridotti nel nostro essere semplicemente umani… ma il nostro “puntino rosso” è insopprimibile, vogliamo sempre di più, siamo inarrestabili divoratori di pezzi di finito nella speranza di ottenere l’anelato Infinito per cui siamo fatti, perennemente mancanti di Colui che non può che mancare sempre, proprio per mostrarsi come l’unica Risposta realmente soddisfacente il nostro incontenibile cuore. Ma se la creatura dimentica il suo Creatore, lei non sa più chi è, “l’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono. Questa è la sorte di chi confida in se stesso” (Salmo 48).
Per questo la giostra del suicidio della Balena Blu trova il suo particolare terreno fertile nella carne tenerissima e purissima dei nostri figli, dei nostri “Supereroi fragili”- come li definiva un macro-convegno di Rimini di qualche settimana fa, dove decine di esperti si sono accalcati su altri esperti, un sovragroviglio di teorie e definizioni plastiche che non bruciano mai del fuoco della sofferenza, commenti psicoanalizzanti che si tengono sempre ben distanti dal toccare con le proprie mani quella giovane carne maciullata e spappolata sull’asfalto rovente che potrebbe essere quella del proprio figlio. Per carità, tutti spunti utili, certamente interessanti, ma che non bastano a rispondere al perché di questo auto massacro tra i più giovani. Per comprenderlo occorre lasciarsene realmente colpire. Chi se ne lascia mettere in crisi? Chi va al fondo della questione, dandone il giudizio che sottende? Tutti pronti a chiacchierarci su, tutti pronti a giudicare “questi giovani di oggi” e questo “mondo di adesso”, ma chi, realmente, fino in fondo, si sta lasciando provocare da quello che sta accadendo e si lascia compromettere dalla feroce domanda che emerge violentemente grazie a questi gesti disperati? Chi ha l’umiltà di comprendere questa nostra maledetta benedetta paura? Di fronte alla paura che ci attanaglia e ci toglie il respiro, occorre essere semplicemente umani, come vediamo sempre nei bambini che, immediatamente, gridano non appena si accorgono di aver perso di vista la propria mamma, gridano perché si sentono perduti senza di lei, gridano a chi sanno che può salvarli.
Che cosa ci permette di affrontare difficoltà e paure che nella vita mai mancheranno? In definitiva, di che cosa abbiamo bisogno? Occorrono uomini e donne che mostrano, con la concretezza della propria carne, con l’esperienza visibile e quindi credibile di una vita in atto, che si può vivere bene tutto, fino in fondo, intensamente, interamente, pienamente, massimamente… veramente e che, sì, si può essere felici!!! Abbiamo bisogno di incontrare uomini e donne che vivono così, che sono così tanto affascinanti ed attraenti che quella ragazza di Pescara o quel ragazzo di Livorno avrebbero potuto arrestare il loro gesto, avrebbero potuto rinunciare a quel folle volo da novelli Icaro, avrebbero potuto desistere da quel salto mortale mossi dal desiderio di ricongiungersi con il Cielo in un volo eterno, solamente per voltarsi da un’altra parte, attratti da qualcosa di infinitamente più bello… Sì, voltare il proprio sguardo verso un’altra direzione, verso un’irresistibile attrattiva: ecco la conversione continua di cui tutti abbiamo continuamente bisogno. Davanti a ciò che ci emerge dal di dentro nel rapporto con la realtà, non ci resta che essere semplicemente quello che siamo, cioè uomini, e abbandonarci con fiducia tra le braccia di Chi ci attira continuamente a Sé e che arde di Amore per ciascuno di noi.
“È giunto il tempo che devi riapparire a tutti noi e dare un segno perentorio e irrecusabile a questa generazione. Tu vedi, Gesù, il nostro bisogno; tu vedi fino a che punto è grande il nostro grande bisogno… Come è dura e vera la nostra angustia, la nostra indigenza, la nostra disperanza; tu sai quanto abbisogniamo d’una tua intervenzione… Abbiamo bisogno di te, di te solo, e di nessun altro. Tu solamente, che ci ami, puoi sentire per noi tutti che soffriamo la pietà che ciascuno di noi sente per se stesso. Solo tu puoi sentire quanto è grande, immisurabilmente grande, il bisogno che c’è di te, in questo mondo, in questa ora del mondo… Tutti hanno bisogno di te, anche quelli che non lo sanno, e quelli che non lo sanno assai più di quelli che lo sanno. L’affamato di immagina di cercare il pane e ha fame di te; l’assetato crede di volere l’acqua e ha sete di te; il malato si illude di agognare la salute e il suo male è l’assenza di te. Chi cerca la bellezza nel mondo cerca, senza accorgersene, te che sei la bellezza intera e perfetta; che persegue nei pensieri la verità, desidera, senza volere, te che sei l’unica verità degna di essere saputa; e chi si affanna dietro la pace cerca te, sola pace dove possono riposare i cuori più inquieti. Essi ti chiamano senza sapere che ti chiamano e il loro grido è inesprimibilmente più doloroso del nostro…” (Giovanni Papini).
da Nel Frammento anno XV numero 2