nel frammento

NUMERO 1 / ANNO 2022

Dico a te, proprio a te: "Non piangere"

di Barbara Braconi

“Ma di che stiamo parlando?!” - è l’espressione che più volte, incredula e sbigottita, mi sono ritrovata di fronte a ciò che ci travolgeva due anni fa come del resto davanti a quello che accade oggi. Tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo 2020, in “un attimo”, ci siamo ritrovati nel pieno di una pandemia, con un nuovo virus che mieteva tante vittime da dover usare camion militari per trasferire altrove le salme che i cimiteri locali non riuscivano più a contenere. Abbiamo attraversato lockdown, didattica a distanza, smart working, adozione casalinga e quotidiana di sistemi di protezione fino ad allora riservati ai più delicati reparti ospedalieri. Abbiamo vissuto la paura di ammalarci, la gioia e i timori per un vaccino da sperimentare. Ci siamo divisi sulla scelta di sottoporci o meno alla vaccinazione, sulla considerazione di una banale influenza o di una pericolosa malattia. In tanti, tra cui io, abbiamo vissuto nelle nostre stesse famiglie le forme più gravi d’infezione da Covid-19 fino alla morte o alle conseguenze permanenti. Abbiamo visto cambiare il nostro lavoro, dovendo improvvisamente diventare esperti di sintomi, quarantene, certificati medici, disposizioni di sospensione della frequenza scolastica, adozione di protocolli di sicurezza, controllori di certificazioni, periti di normative in continuo aggiornamento, avvezzi ai video collegamenti. Per due anni il Covid è stato l’argomento principale di notiziari e trasmissioni televisive, il protagonista dell’informazione pubblica e delle conversazioni della gente comune. Quando credevamo di essere ormai agli ultimi colpi di coda della variante Omicron e dello stato di emergenza, “in un altro attimo”, ci siamo ritrovati nel pieno di una vera e propria guerra, col pericolo che si estenda e assuma i connotati della mondialità. All’improvviso l’argomento è cambiato, la guerra ha occupato il posto della pandemia nell’informazione come nei nostri pensieri e discorsi. Mai avremmo pensato di dover vedere, nel 2022, ai bordi dell’Europa, città rase al suolo, donne, bambini e anziani in fuga, gente comune che imbraccia un fucile e scende in campo a difendere la propria libertà, corpi straziati dalle bombe riversi sulle strade… Ciò che fino a poche settimane fa sembrava impensabile sta invece accadendo: i morti si contano a migliaia, i profughi hanno superato i due milioni e le conseguenze del conflitto hanno già colpito la nostra economia e quella mondiale. Sentiamo molto reale il pericolo che la guerra diventi mondiale e conosciamo tutti il rischio che si ricorra ad armi nucleari. Stiamo aprendo le porte di casa a chi arriva segnato dall’orrore della guerra, vediamo bambini che hanno perso la parola e il sorriso e sappiamo che altri sono morti sotto i colpi delle armi.Tanti nostri figli o alunni già manifestano i primi disagi di ansia, attacchi di panico e paura per la guerra. Contemporaneamente la vita continua ad avere anche la sua quotidianità, fatta di tutti quei fattori che vanno dalle piccole e solite “cose” e circostanze, come la spesa e i compiti, a quelle più grandi, intense e drammatiche, come il tumore di un’amica, che accade ancora, o la fatica di trovare una badante a cui poter affidare i propri cari e da cui farsi aiutare. Ed è proprio qui - nel mio qui di ora - che mi accade, tenerissimo e fortissimo, di risentire la voce del Nazareno che dice a me, come a ciascuno, ciò che disse a quella madre vedova di Nain: “Donna, uomo, non piangere!”. Come non piangere? Sembra ancora di più oggi un’affermazione da “fuori di testa”. E invece è proprio la certezza che io, come ciascun uomo, dentro qualsiasi condizione, ho bisogno di risentire e sperimentare. “Quell’Uomo, con quelle parole, ha detto ciò che più di ogni altra cosa ogni uomo, ogni cuore di uomo ha bisogno di sentirsi dire dentro ogni istante della sua drammatica esistenza: ‹‹Non piangere!››. Sì, non piangere: perché non è il pianto, non è il dolore, non è la morte il tuo inevitabile e definitivo destino; non è il pianto, non è il dolore, non è la morte l’ultima parola sulla vita e sulla storia. Quell’Uomo, dicendo quelle parole, è come se avesse annullato la terribile espressione: ‹‹Non c’è più nulla da fare››. L’ultima parola non è più: ‹‹Non c’è più nulla da fare››; l’ultima parola sono io, sono io che vinco tutto quello che ti vince e per questo sono io il senso, la speranza, la rigenerazione di ogni ‹‹cosa mortale››. Dico a te, proprio a te, uomo, donna, non piangere perché l’ultima parola non è più il tuo limite, la tua debolezza mortale, la tua fragilità, il tuo errore, la tua miseria, il tuo dolore, ma sono io: io sono la risurrezione e la vita e chi segue me non morirà, mai. E io ci sono: ci sono sempre e fino in fondo, sino alla fine dei giorni […] Non avere paura! Io ho vinto tutto quello che ti vince” (Nicolino Pompei, Mi sei scoppiato dentro al cuore). È Pasqua! Che sia una buona Pasqua per ciascuno! Innestati nel cuore del Papa, continuiamo a implorare il dono della Pace.

Udienza generale 5 gennaio 2022

Discorso del Santo Padre ai membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede

10 gennaio 2022

Messaggio del Santo Padre per la XX Giornata del malato

11 febbraio 2022

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