NUMERO 1 / ANNO 2020
Va già tutto bene!
“Andrà tutto bene!” – continuano a ripetere le immagini di arcobaleni colorati e i messaggi che corrono sul web in questi giorni. Io che, per il coronavirus, in sole ventiquattro ore, ho visto mio fratello e mio padre finire in gravissime condizioni in rianimazione e mia mamma a malattie infettive… Io, che in questa battaglia, probabilmente, vedrò cadere i miei più cari… cosa me ne faccio di una frase scaramantica o di un arcobaleno ridotto ad amuleto? Lo dico con struggimento e amore, perché comprendo la paura che sottende a questo bisogno di rassicurazione e che ci porta a far disegnare arcobaleni ai figli e a tentare di esorcizzare la paura, ripetendoci che andrà tutto bene. Ma lo dico anche per chiamare in gioco la ragione di ciascuno, sempre e anche in un momento così. È bello vedere tanti italiani che si ritrovano a cantare o a suonare sui balconi per sentirsi uniti e incoraggiarsi a vicenda… Ma, se anche uno solo dei propri cari fosse colpito dal virus, lo farebbero ancora? Siamo leali con noi stessi: che gioia è se non regge l’urto del rapporto con la realtà?!
In questi giorni ho ripensato spesso alla testimonianza di don Carlo Gnocchi, santo sacerdote italiano, che fu al fronte durante la Prima Guerra Mondiale come cappellano militare e poi padre di tanti bambini e ragazzi orfani e feriti dallo scoppio delle mine, passati alla storia come i mutilatini. In due incontri dei mesi scorsi Nicolino ci donò un momento della sua testimonianza, che subito mi colpì e che in questi giorni mi accompagna particolarmente. Andando a trovare un bambino che doveva sottoporsi a dolorosissime medicazione, don Carlo gli chiese: “Quando ti strappano le bende, ti frugano nelle ferite e ti fanno piangere a chi pensi?””. Il piccolo rispose: “A nessuno!”. Il sacerdote allora capì che “a volte certi adulti ricorrevano ad autentiche fandonie e fanfaluche per calmare, distrarre o illudere il dolore dei bambini” (A. Sicari, Il grande libro di ritratti di santi) e che l’aiuto più grande che lui poteva offrire loro era una Presenza a cui guardare e a cui offrire il proprio dolore. Ad ogni medicazione regalava loro delle perline che erano il simbolo delle lacrime offerte a Gesù. Con quelle perline ornarono un cuscino che portarono poi in dono al Papa, il quale rimase profondamente commosso da quell’amore a Gesù, da quella “pedagogia del dolore”, come la chiamava don Gnocchi.
La differenza è proprio avere Qualcuno da guardare, Qualcuno a cui rivolgersi. “Ciò che cambia tutto è la presenza di Gesù, il Dio con noi. Ciò che cambia tutto è lasciar entrare la sua presenza dentro l’imbarcazione della nostra esistenza, dentro qualsiasi condizione” (Nicolino Pompei, …perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena). Quant’è vero! Quanto lo vedo fin dentro a questi ultimi giorni caratterizzati per me dall’immenso e straziante dolore per le condizioni dei miei familiari, dalla paura di veder comparire in me i sintomi della malattia e dal dover restare in quarantena senza poter andare da loro in ospedale neppure per parlare con i medici.
Passo dopo passo, di sì in sì, guidata, accompagnata, sorretta da Nicolino e dalla nostra Compagnia mi ritrovo a chiamare continuamente Gesù, a rivolgere a Lui il mio sguardo, a lasciarlo entrare nella mia vita e così sperimento anche ora una lucidità, una pace, una gioia che stupiscono e commuovono innanzitutto me. “Questa gioia non è qualcosa, non è uno stato d’animo, non è una condizione di benessere psico-emotivo. Questa gioia è Uno, è Uno nella storia, è una Presenza di carne e sangue…: è Gesù, l’Emmanuele, il Dio con noi, che viene ad abitare in mezzo a noi nella presenza di Gesù” (Ibi).
“Non cambiano le circostanze, non diminuisce il dramma, non si placa la furia delle onde che si abbattono sulla vita. Ma il nostro cuore sente di essere dentro una presa e un abbraccio più forte dei venti contrari, che lo rendono certo e capace di poter camminare e affrontare tutto” (Nicolino Pompei, Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino?). Sì, tutto, ma proprio tutto… Io lo sto vedendo, io lo sto sperimentando, anche adesso. E dal mio cuore sgorga gratitudine, commozione, struggimento per il mondo intero e la confessio: “Solo tu, o Gesù, puoi dire alla nostra vita di non avere più paura, perché solo tu sei Dio, solo tu sei la resurrezione e la vita e quindi la vittoria su tutto ciò che ci vince, su tutto ciò da cui la nostra vita, senza di te, sarebbe definitivamente soggiogata e vinta” (Ibi).
Barbara Braconi
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