NUMERO 4 / ANNO 2015
È ancora necessario che Gesù venga
Proprio in questo tempo in cui si avvicina la festa della memoria della Sua venuta, alcuni fatti ci portano a considerare con sempre maggiore serietà che sembra quasi si possa vivere senza Gesù, facendo a meno di Lui. Tornano alla mente le profetiche parole di Charles Péguy che descrivendo una novità imparagonabile con altri fenomeni accaduti nella storia, sentiva – già cento anni fa – l’esigenza di porre alla consapevolezza di tutti “un mondo prospero, senza Gesù, tutta una società prospera, senza Gesù; un mondo, una società prosperi, incristiani - (senza Gesù) - dopo Gesù. Ecco, mio povero piccolo, cosa bisogna guardare. Ecco cosa bisogna riconoscere…”. Un mondo senza Gesù, dopo Gesù. Questo non era mai accaduto. Un mondo che, senza averlo censurato nominalmente, di fatto nega Gesù come avvenimento, nella sua vera natura di presenza nella storia.
Particolarmente due sono i fatti di queste ultime settimane che mi hanno fatto riflettere così: la cerimonia civile – non laica, come ha tenuto a precisare più volte il papà – per le esequie della giovane italiana rimasta uccisa negli attacchi terroristici di Parigi mentre si trovava con il fidanzato e degli amici al concerto del Bataclan; e contemporaneamente il divieto di festeggiare il Natale a scuola del dirigente scolastico di Rozzano che aveva optato per un concerto d’inverno fissato per la neutra data del 21 gennaio... Sono due fatti diversissimi, ma entrambi mi hanno toccato provocandomi una comune riflessione.
È stata straordinaria la dignità, la fierezza, la pacatezza e la compostezza che sono stati capaci di mostrare i genitori di Valeria nel momento tremendo dell’ultimo saluto alla splendida figlia ventottenne. Nel rispetto della memoria di questa ragazza piena di ideali e dedita al volontariato per la realizzazione di un mondo sognato migliore, hanno favorito una piazza che ha visto la presenza delle tre grandi religioni monoteiste ed una cerimonia all’insegna del dialogo, della condivisione e della civiltà. Eppure qualcosa continuava a sfuggirmi e una domanda ad imporsi: ma come potrà questo clima reggere l’urto del quotidiano? Chi raccoglierà le lacrime di questi genitori quando la lacerazione della perdita si farà feroce? Chi consolerà le loro giornate? Come potrà mai bastare il grande senso di civiltà dimostrato per continuare a vivere e a vivere felici?
Se fosse sufficiente, il Natale non servirebbe. Se fossimo capaci da soli di perdonare, di accettare la morte di una figlia, di vivere il dolore di una perdita così grave… se fossimo realmente capaci di vivere sa soli, allora avrebbe fatto bene il dirigente di Rozzano che ha eliminato la festività del Natale sostituendola con un laico e civile concerto d’inverno…
Ma il nostro cuore, che non mente mai, ci dice che un atteggiamento civile – seppure bello e degno di assoluta ammirazione – non è tuttavia sufficiente a renderci felici, realmente e interamente felici…
Abbiamo bisogno di essere salvati. Abbiamo bisogno che quel Bambino venga. “Egli ha assunto la nostra fragilità, la nostra sofferenza, le nostre angosce, i nostri desideri e i nostri limiti – dice Papa Francesco nel magnifico brano dell’Omelia del 24 dicembre 2014, che abbiamo scelto per il nostro Volantino di Natale di quest’anno. Il messaggio che tutti aspettavano (e aspettano ancora), quello che tutti cercavano nel profondo della propria anima (e cercano ancora), non era altro che la tenerezza di Dio: Dio che ci guarda con occhi colmi d’affetto (come nello stupendo dipinto di Guido Reni che accompagna il brano del Papa nel Volantino), che accetta la nostra miseria, Dio innamorato della nostra piccolezza”. Possa questo Santo Natale trovarci tra quella gente semplice, disposta ad accogliere il dono di Dio, che in quel Bambino vide una grande luce rifulgere tra le tenebre del mondo; risplenda anche per noi, oggi come allora, e sempre.